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In questo periodo storico le preoccupazioni sono tante e una delle questioni che mi trovo a vivere, sia da professionista sia da donna, è come non soccombervi. In questo articolo vi rifletto in termini immaginativi e gestaltici: è necessario che anche le preoccupazioni abbiano uno spazio senza essere negate.

Come tirarsi su dopo un momento difficile? Questa è una domanda la cui risposta è mica facile! In questo articolo ne do una, attraverso una storia che mi è stata raccontata e che mi ha colpita. Scoprirai a breve perché sono affascinata dalla storia di Gustavo.

Chi è Gustavo?

Gustavo è un asino, un bellissimo asino dal pelo color tortora e un disegno scuro – diciamo caffè – che percorre la sua schiena. Ghiotto di banane e tralci di vite, Gustavo ha passato diverse disavventure nella sua vita e ha persino indossato un apparecchio per la mandibola, pensa te, costruito in modo sapiente e artigianale da un veterinario innamorato degli animali e del suo lavoro.

Una sera Gustavo…

Una sera capita che chi si occupa di mettere gli animali nella stalla non si coordina bene e Gustavo resta fuori dal suo solito rifugio per la notte. Nulla di male se non fosse che Gustavo è parecchio vivace e avventuriero e nell’esplorare i dintorni scivola su un pendio ripido e cade. Spaventato, cerca di rialzarsi, ma la pendenza del terreno non gli permette la manovra per rimettersi in piedi. Gustavo è tutto acciaccato, forse c’è qualcosa di rotto, non riesce ad alzarsi e preme con la testa sul terreno per tentare in ogni modo di riportarsi ritto sulle sue gambe. Nulla da fare. Dopo tentativi su tentativi, Gustavo rinuncia.

Il mattino dopo…

Il mattino seguente, una persona nota Gustavo per terra sul pendio e chiama i soccorsi. Oltre alle ferite per la caduta, l’occhio premuto sul terreno più e più volte per tirarsi su è sanguinante e purulento. Gustavo è stremato, sanguina da più parti e ha diverse ferite. Il veterinario se ne prende cura immediatamente e dopo qualche giorno capisce che c’è bisogno di un aiuto speciale.

Gustavo deve crederci!

Il veterinario nota che Gustavo si sta rimettendo bene e che potrebbe rialzarsi, ma il senso di impotenza sperimentato la notte della caduta con tutti quei tentativi di rimettersi in piedi invano lo rendono passivo. Gustavo pensa di non potersi rialzare e questo basta a non farlo neanche provare.

Gustavo deve crederci!” osserva a voce alta il veterinario e chiama chi c’è, li intorno, perché lo aiuti a tirarlo in piedi. Insieme, alcune persone sorreggono Gustavo che vacilla, gli viene dato uno zuccherino… si aspetta… non si tratta di sorreggerlo perché lui non sappia sorreggersi da solo, si tratta di permettergli di fare l’esperienza di stare in piedi. Gustavo ci deve credere! Deve sperimentare di nuovo la fiducia di saper stare in piedi. E funziona!

La storia di Gustavo ha un lieto fine

Succede che Gustavo capisce che può stare ritto come prima e, recuperata la fiducia in se stesso, si accorge di essere in equilibrio sulle gambe, anche se un poco acciaccato per la brutta caduta e indebolito dalla faticosa notte e dall’impotenza dei giorni seguenti.

Oggi, se vai a trovare Gustavo, lo trovi curioso ad attendere una carezza e un tralcio di vite da sgranocchiare. E mentre lo guardi, capisci come si fa a tirarsi su.

Come tirarsi su

Potresti pensare che per tirarsi su serva un aiuto e che tu non hai delle persone che ti possano tenere in piedi. L’aiuto conta e una buona rete sociale o l’aiuto di una persona cara sono utili e importanti per rialzarsi, ma… La storia di Gustavo racconta di una pozione magica molto più potente: la fiducia di potersi rialzare.

Per tirarsi su bisogna crederci, bisogna avere fiducia di poterlo fare.

Gustavo aveva la forza e la salute sufficienti per alzarsi, ma la sua mente lo sabotava, ricordandogli tutte le volte che non ci era riuscito. Gustavo non è stato aiutato a tirarsi su perché non sapeva stare in piedi da solo, ma per ricordargli che sa stare in piedi da solo. E questo fa tutta la differenza.

Vale anche per l’essere umano?

Sì, succede anche agli esseri umani! Quando il passato torna alla mente e si ricordano solo i fallimenti, i tentativi mal riusciti, la fatica e gli sforzi vani… In questi casi, come Gustavo, si prova senso di impotenza e si tende alla resa. Anziché credere di potersi rialzare, si resta a terra, inconsapevoli di potersi tirare su.

Come crederci?

Ti può aiutare a crederci la presenza di una o più persone care e il loro supporto nel ricordare momenti di successo, le cose andate bene, le tue caratteristiche positive. Può aiutarti anche tenere un diario delle piccole cose belle quotidiane (ci sono anche delle app per il cellulare pratiche tra cui Presently per Android e Reflectly per iOS).

Per crederci e recuperare fiducia in te, tuttavia, la via più sicura, rapida, efficace e duratura… bè, la sai già se ti trovi in questa pagina… è un supporto psicologico! Pensaci e torna a credere in te, come Gustavo.

Si parla qui di Superstizioso, al maschile, volendo riferirsi a entrambi i sessi. Il Superstizioso è colui che “accetta e segue credenze e pratiche che costituiscono superstizione” (Treccani).

La Superstizione

Per superstizione si intende un insieme di credenze e pratiche rituali dettate da ignoranza, frutto di errore, di convinzioni sorpassate, di atteggiamenti irrazionali.

Gatti neri, sale, specchi, numeri, per citare i più comuni oggetti di superstizione; gesti scaramantici popolari o legati alla storia personale; leggende che ne avvalorano il senso.

Sono certa che anche tu hai incontrato almeno una volta un Superstizioso, qualcuno che ti ha parlato di una superstizione.

Il venerdì 17, ad esempio

Ogni settimana che contiene il venerdì 17 è oggetto di conversazione e ogni venerdì 17, in molti – sul serio o per gioco – nominano la nota superstizione.

Tuttavia, ricordo ancora quando al liceo il professore ci narrò la possibile origine di questa superstizione. Chiamò alla lavagna Federico e gli fece scrivere a caratteri romani il numero 17. Sulla superficie di grafite, il gesso bianco in mano a Federico tracciò i segni: XVII.

Il professore ci chiese di cambiare l’ordine dei caratteri per costruire una parola latina che conoscessimo e in fretta qualcuno buttò lì: “VIXI!!”

“Esatto, VIXI. Che significa: “Vissi”. Per i romani ciò poteva significare che ora sono morto. Vissi, ora sono morto. In effetti dire “VIXI” suona piuttosto sinistro, visto in questo modo, no?

Ogni superstizione ha una storia

Questo tipo di storie si narrano per molte superstizioni. In questo momento ricordo la superstizione del gatto nero: quando attraversa la strada porta sfortuna. In effetti, se un cavallo di notte vedeva all’improvviso un paio di occhi gialli nel buio, si può immaginare che si impennasse, creando incidenti e danni. Pertanto, nell’immaginario collettivo, incontrare un gatto nero che attraversa la strada era pericoloso, causava sventura.

Chi ne sa di più di me di cultura popolare, potrebbe narrarci un’infinità di queste storie interessanti.

Superstizione e pensiero magico

Qual è il problema? Mah, direi nessuno se, con la superstizione, ci si gioca per caso. Diventa un problema quando, per il Superstizioso, diviene una convinzione dominante considerata “verità”. Le conseguenze di una convinzione dominante, rigorosa, che ruota intorno a una superstizione possono essere invalidanti.

Una superstizione, infatti, è caricata del cosiddetto “pensiero magico”. Il pensiero magico prevede una causa-effetto diretta tra l’oggetto di una superstizione e i fatti che accadono nel quotidiano.

Se…allora…

Il pensiero magico legato alla superstizione recita che se accade una certa cosa, per suo effetto necessario, ne accadrà un’altra, per lo più di tipo negativo.

Se il gatto nero attraversa la strada, sarà morte e sfortuna.

È evidente che non vi possa essere una correlazione tra le due cose e che l’una non può essere causa diretta della seconda, tuttavia, le credenze popolari hanno divulgato questa informazione dimenticando i dettagli. La frase corretta suonerebbe più o meno così:

Se il gatto nero attraversa la strada di notte, il cavallo che lo vede si spaventa e si impenna e potrebbe far cadere il cavaliere o rovesciare la carrozza e, quindi, causare dei danni economici o ferite o morte di persone.

Molto diverso, non trovi?

Esorcizzare la paura

Cosa succede, allora? L’essere umano Superstizioso inizia ad avere paura di queste correlazioni che non riconosce come fantasiose e crea dei rituali per annullare l’effetto. Quindi, via libera a conteggi alla rovescia, gesto delle corna, sale lanciato alle spalle, rinuncia a fare delle attività nei giorni considerati sfortunati…

I rituali aiutano a riprendere il controllo e ad avere meno paura.

Superstizione, ossessioni e rituali

Come ci dicevamo poco fa, le superstizioni possono diventare un problema. Esse possono creare ossessioni da cui liberarsi con i rituali. Una persona che si abitui a questo tipo di reazioni comportamentali, costruirà tutto un suo mondo di credenze, ossessioni e rituali volti a mantenere il controllo delle attività quotidiane, delle relazioni, di se stessa.

La persona che organizza il suo pensiero attraverso ossessioni e rituali, ne diventa schiava. L’intenzione è positiva – ad esempio salvare la vita alle persone care, mantenere il lavoro, essere una brava persona -, gli effetti sono devastanti. Ancor più quando la persona inizia a temere di non fare abbastanza e arriva l’angoscia.

Nel suo estremo, questo comportamento diventa un disturbo psicologico che forse avrai già sentito nominare: il disturbo ossessivo compulsivo.

Desideri informazioni aggiuntive?

Scrivimi a ciao@francescafontanellapsicologo.com


Scegliere è un’azione che ci è richiesta nella vita. Più che un’azione, è un processo che implica la costruzione della decisione. Come mai è così difficile scegliere?

La fatica di scegliere

Di fronte a una scelta, le persone iniziano ad avere dubbi, costruiti intorno a pensieri, rimuginii, paura di sbagliare. Certo, scegliere implica la perdita del controllo perché non è possibile sapere cosa accadrà e se la scelta sarà quella giusta. Alcuni fanno molta fatica a scegliere anche a causa di una fantasia…

La fantasia di chi sceglie facile

Chi sta per scegliere, mentre vive i dubbi della scelta, ha una fantasia – una convinzione – rispetto alle scelte degli altri: la fantasia che gli altri scelgano subito, con le idee chiare, consapevoli di ciò che accadrà.

In realtà, è proprio così? La mia esperienza professionale e personale dice che, no, non è così. Dalla scelta più “piccola” a quella che può cambiare lo stile di vita, le persone vivono un periodo più o meno lungo di impasse, blocco, ripensamenti.

Quando scatta il momento della scelta?

Premettendo che il momento della scelta è il passaggio ultimo di un processo più o meno faticoso, più o meno lungo, più o meno emotivamente carico, a un certo punto si sceglie. Vuoi perché obbligati dagli eventi, vuoi perché, a un tratto, arriva il coraggio di trasformare la paura in possibilità.

Il momento della scelta scatta quando si sceglie di scegliere. Dico sul serio, nessuna presa in giro. Per una curiosa regola di vita, la scelta avviene quando si sceglie di scegliere, cioè quando si sceglie non tanto ciò che si ritiene di certo migliore, ma ciò che in quel momento si sente di fare.

Insomma, la scelta, dopo tanto lavorio di testa, è una faccenda di pancia!

Scegliere di scegliere

Al momento della scelta, di pancia, si sceglie di prendere una direzione. La scelta non è data dalla direzione, ma dall’aver saputo scegliere. Ti sta girando la testa? Capisco, con tutti questi giri di parole! Tuttavia, è proprio così. Quando scegli di scegliere, ti sblocchi, restituisci movimento alla tua vita e ti dai la possibilità di fare un’esperienza.

E se scelgo sbagliato?

Chi può dirlo, se la tua scelta sarà quella giusta! Ciò che puoi fare è vivere la tua decisione con la consapevolezza che saprai affrontare quello che porterà, compreso, se servirà, un ulteriore cambio direzione!

Cambiare direzione nuovamente non sarà un tornare indietro, ma un andare avanti, svoltando rispetto alla prima decisione presa.

Il segreto della scelta

Il segreto della scelta sta tutto lì, nella certezza che potrai costruire direzioni diverse a partire dalla tua scelta iniziale, godendoti il percorso che si crea sotto i tuoi occhi, strada facendo, vita facendo.

Potresti sentirti intrappolato/a dall’incertezza e subire così tanto il bisogno di controllo da non riuscire ad accettare naturalmente la costruzione in itinere del tuo futuro. Potresti desiderare una pianificazione precisa del futuro e non tollerare la sorpresa di esiti sconosciuti delle tue scelte.

Ebbene, la cattiva notizia è che questa incertezza è fisiologica in una vita che, per sua natura, non è imbrigliabile o prevedibile. La buona notizia è che puoi allenarti a tollerare l’incertezza, a scegliere di scegliere e goderti la tua vita.

Come te la cavi con le scelte?

Puoi scrivere la tua esperienza nei commenti oppure scrivendomi a ciao@francescafontanellapsicologo.com

Cosa succede quando fai lo struzzo? Quando fai lo struzzo o, in gergo tecnico, vai in evitamento – esperienziale, emotivo, relazionale -, cosa succede?

Uno

Succede che non hai la possibilità di fare, vivere, provare quello che avresti potuto fare, vivere, provare.

Due

Il tuo cervello registra quella cosa che hai evitato come un qualcosa da evitare, quindi, al prossimo giro, ti ripropone la stessa soluzione. Una volta evitato, ti farà evitare di nuovo, insomma.

Tre

Sempre lui, il cervello, registra il sollievo che hai provato nell’evitamento. La prossima volta, ricorderà che evitare dà sollievo e fa stare bene.

Quattro

A questo punto, hai una grossa gatta da pelare. Lo so, mica immaginavi che fare lo struzzo ti portasse a doverti relazionare a una gatta, ma tant’è. Quindi vediamo un po’ in quale guaio ti sei cacciato.

Circolo vizioso

Lo hai già capito da te, sei finito in uno di quei circoli viziosi che vorresti evitare  – ancora!! – come una bavarese panna e  cioccolato quando segui una dieta dimagrante. I circoli viziosi hanno questo vezzo: girano su se stessi, in moto perpetuo, offrendo sempre il solito risultato. In questo caso il tuo risultato è l’immobilità causata dall’evitamento che non ti permette di godere le esperienze di vita così come vanno, senza tante aspettative e dubbi.

I pratica, se ti trovi nel circolo vizioso, giri in tondo e non cambia nulla.

Nessuna nuova, buona nuova!

Lo hai pensato, lo so! Se non cambia nulla, per lo meno non può andare male, no? 🙂 Diciamo che non posso darti torto però…

È un’illusione

In coreano esiste una parola, won, che rappresenta la sensazione di difficoltà che si prova quando si rinuncia a un’illusione per guardare in faccia la realtà. Ecco, la dedizione al circolo vizioso che ti offre quel senso di tranquilla prevedibilità e confortevole assenza di rischio, è un illusione. 

Un esempio? Se le cose vanno già male, seguendo il circolo vizioso non fai nulla per migliorarle e continui a star male o ad appiattire la tua vita, rischiando anche di scivolare in tristezza, ansia, depressioneSe le cose vanno bene o mediamente bene, in ogni caso, rinunci ad arricchire la vita di esperienze e possibilità positive. 

Come dire che il circolo vizioso ti sgualcisce la vita, la impolvera, non la fa essere al suo meglio!

Guardare in faccia la realtà

Quale realtà è da guardare in faccia? La prima potrebbe essere proprio l’evitamento.

Ti sei mai accorto di evitare oppure quando rinunci a qualcosa hai sempre una scusa buona che confonde le idee?

Se ti sei accorto di evitare, hai notato anche che sei finito in un circolo vizioso? Hai osservato, pure, che evitare qualcosa o qualcuno produce la tendenza all’evitamento anche in altre aree di vita?

Se hai notato tutto questo, come ti sembra la tua vita? Da quando vai in evitamento è migliorata o peggiorata?

Nota, anche, il tuo vocabolario

Fai a caso a quante volte ti dici:

Lascia perdere!

Non ce la faccio!

Non ci riesco!

Oppure, quante volte ti autosaboti cercando un “ma” a ogni tuo progetto?

Molto interessante, ma…

Vorrei poterlo fare, ma…

Ho preparato tutto il materiale, ma…

A cosa serve fare lo struzzo?

Questa è una domanda vera, non una domanda retorica affinché tu risponda “A niente!”. Se continui a fare lo struzzo, a qualcosa ti può servire. Alcuni  lo chiamano scopo, altri funzione, altri intenzione positiva del comportamento.

A me piace anche il cosiddetto modello di coerenza che cerca una coerenza e una costanza nell’azione strettamente legate ai valori guida personali.

Ti faccio un esempio veloce, per capirsi.

Una persona potrebbe fare lo struzzo e andare in evitamento per paura di sbagliare. Potremmo esplorare la paura di sbagliare e, seguendo il filo logico – e illogico, talora 🙂 – scoprire che la paura di sbagliare e la sua speculare voglia di fare bene, hanno a che vedere con il valore del perfezionismo. Potremmo scoprire che tale valore è stato assorbito da un modello familiare oppure che si è creato per contrapposizione a un modello familiare considerato “sciatto”. Ebbene, la coerenza che rende costante il comportamento di evitamento è il valore del perfezionismo.

Lo struzzo che tira fuori la testa dalla sabbia è colui che è consapevole del suo valore guida e, se lo desidera, può renderlo utile e maneggevole, potenziante e non ostacolante.

Stai facendo lo struzzo e vuoi smetterla con l’evitamento?

Se hai voglia di vivere con la V grande, godere i tuoi momenti di vita e le tue relazioni, mi sembra una saggia idea! Mi dico spesso di… vivere in tempo! 😉



     

     

    Potresti non aver mai sentito parlare di ghosting eppure potrebbe esserti successo di incapparvi.

    Nessun fantasma e nessun ghost buster nei paraggi! Ma un fenomeno psicologico che ha potenti ripercussioni nelle relazioni interpersonali.

    Cos’è il ghosting

    Il ghosting – letteralmente “fare il fantasma” – è un fenomeno antico che oggi ha risvolti moderni e digitali e che si può annoverare tra le violenze psicologiche. Ci si riferisce, con questo termine inglese, a un comportamento di fuga, senza spiegazioni, da situazioni relazionali che il ghoster preferisce non affrontare. Chi ne è vittima subisce un rifiuto inspiegato e inspiegabile, una chiusura relazionale netta da parte dell’altro che provoca sofferenza e smarrimento:

    Il silenzio assordante che lascia il ghoster è uno strappo relazionale che è difficile ricucire.

    Sebbene il fenomeno sia noto in particolare in riferimento alle relazioni sentimentali – di amore o amicizia -, esso può riguardare anche l’ambito professionale – relazioni con i colleghi o con i propri responsabili o datori di lavoro -.

    Il ghosting oggi

    Oggi i modi per praticare ghosting sono innumerevoli perché i mezzi tecnologici con i quali si svolge gran parte della comunicazione interpersonale permettono vie di fuga agevoli – anche se non innocue – . Ad esempio, il ghoster moderno può facilmente sparire non rispondendo a una mail scomoda o ai messaggi di un amico, silenziando il cellulare, bloccandolo sui social.

    Una comunicazione asincrona

    A rendere così facile praticare ghosting, oggi, è la caratteristica intrinseca a buona parte dei canali di comunicazione: l’asincronia dello scambio. Chat sul cellulare, su tablet o sul pc consentono di interagire scegliendo i tempi di risposta e, quindi, è facile silenziare le notifiche, ignorare un messaggio, scegliere di non rispondere.

    In uno scambio sincrono, vis a vis, tutto questo sarebbe più ostico perché l’interazione diretta implica dare risposte, guardarsi, incontrarsi e assumersi la responsabilità di parole e scelte. Chi fa ghosting, invece, quando non riesce a gestire – vivere – una situazione, predilige la fuga e staccarsi dall’interazione come se, sparendo, facesse sparire anche il problema.

    Perché il ghoster fa ghosting? 

    Se sparisce per me sparisce per tutti

    Ti potrebbe essere capitato di vedere un bimbo tra i due e i quattro anni che, coprendosi gli occhi, è convinto di essersi nascosto e di diventare invisibile. Questo fenomeno, che si estingue negli anni successivi, rappresenta la convinzione ingenua che, se il mondo sparisce per lui, sparisce per tutti.

    Più o meno, questo accade nel ghosting: sparendo, ossia togliendosi dalla situazione problematica, si ha l’illusione che il problema sparisca: sparisce per me e sparisce per tutti.

    Le cause del ghosting

    Le cause del comportamento di ghosting sono tante quante le persone che lo praticano. Di conseguenza, una risposta univoca non c’è. Tuttavia, si possono fare alcune ipotesi a partire dal tipo di esperienze affettive infantili. Un genitore che non mantiene promesse, ad esempio, insegna a eluderle, a sparire, a fare ghosting per non doverle mantenere. Il ghosting può essere, quindi, un comportamento appreso. Oppure, il ghoster potrebbe aver sviluppato convinzioni di incapacità e inadeguatezza che lo portano a prediligere la fuga da situazioni difficili nella credenza di non potervi fare fronte.

    L’intenzione positiva del ghosting

    L’intenzione positiva di un comportamento è la funzione che quel comportamento ha per la persona che lo agisce. Nel caso del ghosting, la funzione, l’utilità per chi lo pratica, è uscire da una situazione problematica senza doverla affrontare direttamente.

    Se si affronta direttamente una situazione c’è, infatti, un potenziale effetto collaterale: ci si mette in posizione di confronto con l’altro. Per il ghoster il confronto è qualcosa da non rischiare ed è più comodo, facile, agevole per lui/lei sparire nel nulla.

    Chi fa ghosting può essere considerato come una persona che ha difficoltà a reggere il peso della responsabilità delle sue scelte. Di conseguenza, sceglie di fuggire per non incontrare le reazioni alla sua scelta e, di fatto, non si autorizza a prendere posizione e, matura la convinzione – talora inconsapevole – di poter e saper gestire i problemi svanendo, come un fantasma.

    Chi fa ghosting non si sperimenta nell’interazione con gli altri e può maturare sfiducia in se stesso, senso di inadeguatezza e isolamento sociale. Oltre a lasciarsi alle spalle molte questioni irrisolte.

    Come uscire dal ghosting

    Se sei vittima del ghosting, potresti sperimentare senso di abbandono, incredulità, disorientamento, ansia, rabbia, tristezza. Sono emozioni legittime, considerando il gesto brusco di allontanamento del ghoster. Puoi aiutarti riflettendo sulle funzioni che il ghosting ha per chi lo pratica: quanto accaduto non è qualcosa di personale, contro di te, ma un atteggiamento del ghoster nei confronti della vita. Se continui a sentirti emotivamente scosso, chiedi una consulenza psicologica: ricorda che, a volte, basta un incontro. A volte no, certo. In tal caso potrai chiedere altri incontri con il tuo psicologo.

    Se, invece, ti sei riconosciuto come un ghoster… bé, in tal caso, complimenti! Non tutti i ghosters si riconoscono e questo impedisce loro di uscire dalla trappola del ghosting. Tu potrai uscirne 🙂

    Chiedi, il prima possibile, una consulenza psicologica. Il prima possibile, perché meriti di ricominciare subito a vivere senza avere bisogno di nasconderti di fronte alle difficoltà. Non basterà un incontro, lo posso dire con una certa sicurezza, però vedrai i benefici in fretta!

    Ti aspettiamo, io o lo psicologo che sceglierai! 🙂



       

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