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Facciamo un test handmade! Cosa vedi quando guardi? Forse sai già che quando guardi qualcosa lo interpreti alla luce della tua storia personale e delle tue esperienze. Questo significa che non è detto che tu e un’altra persona interpretiate allo stesso modo le stesse cose che state vedendo. In psicologia esistono strumenti di lavoro che sfruttano questa variabilità.

Oggi ospito un nuovo articolo di Starkey Hearing Technologies dedicato a un aspetto importante della psicologia dei suoni: il rumore. Il rumore infastidisce, attiva in modo spiacevole, è dannoso per la salute. Il rumore costante, di fondo, è un disagio uditivo lì, sul momento, e origina lo sviluppo di futuri problemi uditivi ed emotivi.

Ebbene, ecco l’articolo della redazione di Starkey Hearing Tecnologies!

Suoni e rumori sono la stessa cosa?

Perché ascoltare un concerto di musica classica fa sentire bene e il suono di un clacson a pochi metri da dove ci troviamo ci infastidisce? Il motivo è che nel primo caso si è in presenza di un suono, ossia un’onda sonora originata da una vibrazione periodica e composta da specifiche intensità, timbro e frequenza. Nel secondo caso, invece, ciò che disturba è il rumore che, al contrario del suono, è un’onda sonora priva di periodicità. E se i suoni hanno spesso effetti benefici sulla nostra salute fisica e mentale, l’esposizione ai rumori può invece generare patologie di varia natura, dai disturbi cardiocircolatori a stati di ansia, cali del tono dell’umore e lo sviluppo di disturbi psicologici.

Come reagiamo ai rumori

I rumori fanno male, soprattutto se violenti o costanti. Fanno male ancor più alle orecchie dei bambini. Le voci degli adulti durante una discussione, essere esposti al traffico cittadino per un lungo periodo di tempo, passare accanto a un cantiere o sentire la musica ad alto volume possono provocare veri e propri traumi acustici con ripercussioni, anche gravi, sulla vita futura.

Si consideri, inoltre, un fatto curioso: i rumori attivano in modo primitivo, allertando al pericolo. Se un rumore arriva all’improvviso, la reazione è rapida, pronta alla difesa o alla fuga, se un rumore si protrae nel tempo, l’organismo vi si arrende, con il rischio di sviluppare senso di impotenza.

L’avversione ai rumori, chiamata anche misofonia, si manifesta con reazioni fisiologiche reattive al rumore: pallore, tachicardia, pelle d’oca, fino all’ipertensione e a difficoltà respiratorie.

Gli adulti sono immuni alle conseguenze dei rumori?

Gli adulti subiscono le medesime conseguenze nocive se sottoposti a rumori, sia da un punto di vista organico che psicologico. Per adulti e bambini vale la stessa regola: più è lunga l’esposizione a rumori forti, maggiore è la probabilità di riportare danni all’udito e a livello psichico.

Alcune conseguenze quotidiane dell’esposizione al rumore ambientale

Disturbi del sonno

Difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni ripetuti (a causa del rumore o come reazione emotiva ansiogena). In questi casi, se non si prendono provvedimenti e i disturbi si prolungano nel tempo, vi possono essere ripercussioni sulla vita quotidiana con la comparsa di stanchezza, irritabilità e difficoltà di concentrazione.

Disregolazione emotiva

Ansia, irritabilità oppure vissuti depressivi e di impotenza sono possibili conseguenze emotive dell’esposizione al rumore. Vi possono due particolari derive nella regolazione emotiva: reattività aumentata o sopita. In entrambi i casi, la percezione è di un’alterazione anomala, che disturba il quotidiano nelle proprie relazioni e prestazioni.

Alterazioni della performance lavorativa

Il rumore nell’ambiente di lavoro causa difficoltà nello svolgere i propri compiti e riduce la capacità di concentrazione. Inoltre, i suoni diurni influenzano il sonno, rendendo meno efficace il riposo notturno e, di conseguenza, riducendo via via la prestazione lavorativa. A questo si aggiungono gli effetti di disregolazione emotiva già accennati.

Alterazioni della performance scolastica

L’esposizione al rumore può creare problemi non solo in ufficio, ma anche a scuola: si riscontra che i bambini che si trovano periodicamente a contatto con fonti di rumore manifestano, rispetto ai loro coetanei, maggiori difficoltà nella lettura e nell’apprendimento ed effetti negativi su memoria, attenzione, concentrazione. A livello psicologico, inoltre, tanto gli adulti quanto i bambini vittime di rumori possono sviluppare una maggiore aggressività e una capacità ridotta di percepire i pericoli.

Come difendersi dal rumore

Può essere utile mettere a punto qualche strategia per proteggersi dal rumore e dalle sue conseguenze psicofisiche.

L’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stilato una serie di linee guida (ecco il PDF. Credits quotidianosanità.it) per limitare l’esposizione al rumore, specificando, ad esempio, che le scuole dovrebbero sorgere lontano da fonti rumorose quali autostrade o aeroporti. Nei casi in cui il rumore sembra essere proprio inevitabile (un esempio classico può essere il pub con schiamazzi notturni sotto casa) la scelta migliore è avvalersi di materiali che assicurino un’ottima insonorizzazione dell’ambiente, come i pannelli fonoassorbenti proposti nell’ambito della bioedilizia.

In casa, la raccomandazione degli esperti consiste nello scegliere per i bambini la stanza più tranquilla della casa e dedicare agli adulti, all’interno della propria abitazione, un angolo per il relax, lontano dal rumore, dove riposarsi e recuperare le energie.

Il mio suggerimento post scriptum è di rivolgerti a esperti del settore per proteggerti dai rumori e, qualora ravvisassi danni all’udito, emotivi o al tono dell’umore riconducibili all’esposizione al rumore, contatta i tuo medico di base e uno psicologo.

A cosa serve la parola dell’anno? È un accompagnamento, un promemoria, una direzione che ti può aiutare nelle scelte del nuovo anno. Negli ultimi anni usata da aziende e imprenditori, questa tradizione si è fatta largo anche nel quotidiano. Ecco come trovare la tua parola dell’anno.

Come il colore Pantone® dell’anno

Ogni anno, suppergiù a dicembre, si scopre il color Pantone® dell’anno successivo. Pantone® è un’azienda che ha prodotto un sistema di catalogazione dei colori per facilitarne l’identificazione nel settore delle grafica – e non solo -. Ogni anno, il colore proposto da Pantone® fa tendenza e per il 2020 l’azienda ha proposto il Classic Blue che accompagna con le seguenti parole: rassicurante, senza tempo, elegante nella sua semplicità. L’azienda aggiunge che questo colore ricorda il cielo al tramonto, offre la promessa di proteggere e fa risaltare il desiderio di avere fondamenta solide su cui costruire.

La parola dell’anno

Anche la parola dell’anno vuole darti una suggestione simile: la parola che emerge porta con sé contenuti, emozioni, propositi, evocazioni… un po’ come il color Pantone® dell’anno. Non è solo un colore. Come non è solo una parola. 

Come si trova la parola dell’anno?

Non esiste un modo unico. Qualcuno sceglie di puntare il dito a caso su un testo scritto, qualcuno lascia che emerga durante una meditazione. Qualcuno la sceglie sulla base delle riflessioni che sta già facendo e sul progetto che sta costruendo per l’anno successivo. Altri ancora si lasciano ispirare dalla natura, da immagini o canzoni
Lo scorso anno mi sono divertita a usare un metodo che ha messo a punto una collega che conosci già, se segui il blog, la dott.ssa Simona Muzzetta. Creativa come me, ha integrato gli strumenti che ci piacciono di più per aiutare a trovare la parola dell’anno. In sintesi, Simona suggerisce di scegliere immagini, testi, canzoni da cui trarre liste di parole. Le liste di parole vengono organizzate per affinità in gruppi e, secondo un sistema di scrematura e ri-creazione di gruppi di parole affini, si arriva alla parola dell’anno.

La mia parola 2019 era…

Per questo 2019 sono stata accompagnata dalla parola Luna. Ho associato la parola alla ciclicità, al ritmo, alla possibilità di brillare in alcuni momenti e spegnere le luci in altri. Mi è servito molto da un punto di vista personale e professionale perché mi ha permesso di tenere il monitoraggio dei miei ritmi e non andare sempre a 100 all’ora. Ho faticato a rallentare e qualche volta ho faticato pure a riposare. In ogni caso, penso di aver seguito abbastanza bene la direzione che mi ha indicato la mia parola 2019.

La mia parola 2020 è…

Nel 2020 la parola che mi è saltata fuori è Minimal. Per me significa raffinatezza, qualità, “meno è meglio”. Associo questa parola a una citazione di Coco Chanel che ogni tanto uso nei percorsi. Lei disse qualcosa del tipo: “Prima di uscire, dai uno sguardo allo specchio e togli qualcosa. Ora è perfetto”. Come dire, togli un accessorio, quel cardigan, il cappello o gli orecchini. Togli qualcosa perché il look sia perfetto.
Ecco, quest’anno sarò accompagnata da Minimal e mi accorgo di aver già iniziato! Sto acquistando prodotti no waste, ossia con la minor quantità possibile di imballaggi e materiali che facciano spazzatura; ho comprato un tavolo più piccolo per lo studio, che rende più arioso l’ambiente; esco con una sola borsa al mattino, lasciando a casa il pc.

A fine 2019 in pratica, senza saperlo ancora, mi stavo raccordando con il 2020: da Luna a Minimal; da una ciclicità che concede le pause a uno stile di vita meno… ingombrante!

 Buon inizio anno! 

“Ho un segno sulla pelle!”dice Carlotta, nome di fantasia. “Mi sono fatta male un giorno, mentre per la rabbia gesticolavo e ho sbattuto contro il vaso…sai cosa mi ricorda? Che la rabbia fa male a me.” Cambiare le emozioni che le fanno male è diventato, per Carlotta, il filo conduttore del suo percorso psicologico.

Come la storia del mattone…

Come nella storia del mattone , alcune emozioni che si provano hanno l’effetto di ritorcersi contro. Nel caso di Carlotta, la rabbia le ha procurato una ferita del corpo e, anche, una ferita psicologica. Carlotta ricorda che i comportamenti agiti quel giorno, le parole dette, le erano risuonate nelle orecchie per giorni e che si era biasimata, criticata, rimproverata. Inoltre, come a volte succede, il comportamento che aveva assunto quel giorno aveva avuto ripercussioni sulle sue relazioni, come se lei, che con la rabbia voleva protestare per un torto subito, si fosse trovata infine a essere dalla parte del torto.

Quali sono le emozioni che ti fanno male?

La storia di Carlotta fa riflettere su un punto delicato: sono le emozioni o i comportamenti a fare male? I comportamenti. Qualche volta. Qualche altra i comportamenti paiono invece fare bene ed essere dei sedativi emotivi. Paiono.

A fare male sono l’insieme di vissuti e comportamenti che protraggono la durata emotiva con rimuginii; fanno male le emozioni parassite cioè quelle che sostituiscono un’altra emozione che non ti autorizzi a provare; ti fanno male le reazioni o i comportamenti che non ti piacciono e che non senti in linea con te stesso/a e i tuoi valori.

In che modo ti fanno male?

I danni possono essere di tipo fisico, come è successo a Carlotta, ma sono soprattutto di tipo psicologico. I rimuginii causano usura psicologica perché incastrano nello stesso circolo di pensieri più e più volte; le emozioni parassite ti impediscono di entrare in contatto con l’emozione che, davvero, stai provando e ti portano ad agire in modo incoerente a ciò che desideri; quando un tuo comportamento non ti è piaciuto, puoi mettere in discussione chi sei. Qualcuno reagisce all’emozione dolorosa protestando in modo controproducente: mette in atto comportamenti lesivi verso di di sé, come – ad esempio – tagliarsi, assumere farmaci e sostanze senza alcuna misura medica, fare sesso occasionale senza proteggersi…

Come cambiare le emozioni perché ti facciano bene

Qualche anno fa – se hai figli in preadolescenza o adolescenza potresti ricordarlo bene – allo Zecchino d’Oro ha partecipato una canzone che racchiude tutto ciò che serve per maneggiare le emozioni con cura.

La ho usata spesso nei laboratori sulle emozioni e un mesetto fa mi ha sorpresa una docente, durante una formazione, perché la ha proposta con lo stesso entusiasmo con cui ero solita proporla io, invitando a usare questa canzone per cambiare le emozioni che fanno male. Quindi, mi è tornato l’entusiasmo ed ecco qui il ritornello magico di questa canzone:

Prendi un’emozione, chiamala per nome,
Trova il suo colore e che suono fa.
Prendila per mano, seguila pian piano
Senti come nasce, guarda dove va.
Prendi un’emozione e non mandarla via.

da Prendi un’emozione – 58° Zecchino d’Oro

Come cambiare le emozioni, verso per verso

  • Prendi un’emozione, chiamala per nome: dare un nome all’emozione è importante. Si tratta di rabbia oppure è paura? Questa gioia è gioia o euforia? Forse questa è tristezza? O un’emozione di impotenza?
  • Trova il suo colore e che suono fa: rappresentare simbolicamente l’emozione che provi ti aiuta ad avere un “oggetto” con cui relazionarti. Una palla rosso fuoco, un suono acuto, una scimmia scalciante, un buco nero e profondo… infinite sono le possibilità con cui potresti descrivere l’emozione. Puoi scegliere il disegno o la fotografia, la musica, la scrittura e, sempre, l’immaginazione. Puoi ascoltare dove si manifesta nel corpo e che tipo di comportamenti ti fa agire.
  • Prendila per mano, seguila pian piano, senti come nasce, guarda dove va: osserva l’emozione, le sue manifestazioni; riconosci che messaggio ti sta comunicando e quale bisogno ti chiede di soddisfare. Seguire l’emozione significa lasciar defluire il suo picco e notare in cosa si trasforma.
  • Prendi un’emozione e non mandarla via: le emozioni non vanno mandate via! Le emozioni vanno rispettate, seguite, ascoltate.

Se maneggerai così le emozioni, hai il risultato assicurato: saranno emozioni che non ti fanno male e, al contrario, ne trarrai i benefici naturalmente intrinseci.

A volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni.

Alessandro Baricco

Questo articolo potrebbe concludersi così, con la citazione di Baricco. Più la leggo e più penso che non vi è altro da aggiungere a questa frase che è una poesia.

Nel lavoro e nella vita privata 

Questa citazione mi accompagna nel lavoro. A volte le parole non bastano per raccontare il proprio dolore e le proprie difficoltà e va dato spazio al silenzio.

Stare nel silenzio è un’arte da raffinare senza soluzione di continuità.

Qualche volte va riempito in modo attivo, qualche volta si riempie da sé, di emozioni.

Questa citazione mi accompagna nella vita privata. A volte le parole non bastano per esprimere ciò che si desidera comunicare: serve altro. Un mezzo qualsiasi, più sensoriale, più primitivo, che tocchi le corde “giuste”.

I colori. Le forme. Le note.

Baricco suggerisce colori, forme, note. Sono d’accordo e aggiungo odori, sapori, sensazioni tattili.

Ricordo la prima persona che ho seguito anni fa e l’importanza che aveva per lei il calore. Imparò a darlo e a riceverlo iniziando con una coperta e una tazza di latte e la sua colonna sonora del percorso fu Io Posso dire la mia sugli uomini di Fiorella Mannoia.

Ricordo, anche, una giovane donna che desiderava riconquistare la compagna. Lo fece colorando, in due sole notti, tutte le pareti di casa!

 …coi secchi di vernice, coloriamo tutti i muri, case vicoli e palazzi, perché lei ama i colori.

Riccardo Cocciante 

E ricordo me stessa, ragazzina, impegnata a raccontare alla mia professoressa di matematica perché il cerchio mi rappresentasse di più delle altre figure geometriche.

E le emozioni.

Baricco suggerisce, anche, che, qualora le parole non bastassero, possono servire le emozioni.

Nella sua splendida citazione le emozioni sembrano sostituirsi alle parole e arrivare scivolando morbidamente dopo i colori, le forme e le note. Qualche volta è così. Altre, invece, le emozioni sono difficili da riconoscere e ancor più da esprimere e mostrare.

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Alcune cornici culturali e educative invitano al riserbo nell’espressione emotiva e, in quei casi, la difficoltà a entrare in contatto con il proprio mondo emotivo è di tipo sociale e educativo.

Esprimere un’emozione, tuttavia, è diverso da provare o sentire un’emozione. È diverso da riconoscere l’emozione che si sta provando. È diverso ancora dal saper parlare di emozioni.

Come psicologa, accompagno a provare, sentire, riconoscere le emozioni. A dar loro un nome, a dar loro parole. Esprimerle e condividerle con altri sarà, poi, una scelta.

Come donna, mi impegno a fare lo stesso nella vita privata con le persone care e con me stessa. Mi alleno ogni giorno, con scivoloni e scivolini.

Mi alleno ogni giorno, compiacendomi dei successi e godendomi il lusso di tentativi imperfetti.

A volte le parole non bastano…

E, se non bastano, tu cosa usi per comunicare?

Se ti va, raccontalo qui sotto nei commenti oppure scrivendo a fontanella.francesca@gmail.com

 

 

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