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Vi sono due leggende metropolitane contrastanti rispetto alla figura dello psicologo: l’una lo dipinge come un professionista “che cura i matti”, l’altro come un professionista che ascolta e offre consigli.

Sono solo leggende. Leggende metropolitane.

Leggenda 1: dallo psicologo vanno i matti

Dallo psicologo non vanno i matti. Premetto che, dal punto di vista della psicologia, anche la parola “matti” necessiterebbe di una riflessione, ma non tergiversiamo.

Questa leggenda nasce dalla confusione tra il ruolo dello psicologo e del medico psichiatra. Lo psichiatra ha il compito di prendersi cura, da un punto di vista medico, della psicopatologia. Lo psichiatra può somministrare farmaci e alcune forme di psicopatologia richiedono un supporto farmacologico, per lo meno in fase acuta. La fase acuta è quella in cui i sintomi sono molto evidenti e possono far assumere comportamenti che, nel tempo, sono stati definiti “matti”.

Sebbene la cura farmacologica possa essere abbinata ad un supporto psicologico, è necessario l’intervento del medico psichiatra per il monitoraggio dell’andamento della patologia (in alcuni casi irreversibile).

Leggenda due: lo psicologo dà consigli

Lo psicologo non si limita ad ascoltare e non offre consigli. No, non offre consigli. La motivazione è meravigliosamente etica e rispettosa dell’individualità di ciascuno.

Uno psicologo che offra consigli, li offrirebbe secondo la sua mappa e visione del mondo che, non necessariamente, è quella della persona che si è rivolta a lui. Il compito dello psicologo è interessarsi alla storia della persona consentendole di riconoscere parti di sé dimenticate, ricostruire un’identità basata sulla fiducia in se stessi, prendere decisioni consapevoli in una direzione unica e personale.

Lo psicologo permette alla persona di vivere a modo suo e la aiuta a ottimizzare  e valorizzare la sua storia. Senza interferire.

Lo psicologo non si limita, nemmeno, ad ascoltare. Il lavoro dello psicologo è un lavoro che richiede cura e precisione, attenzione e flessibilità e, soprattutto, tanto, tanto studio e formazione.

Le tecniche psicologiche sono materiale da maneggiare con cura.

Le persone vanno seguite con cura.

Fragile. Handle with care.

 

Dott.ssa Francesca Fontanella

fontanella.francesca@gmail.com

 

 

 

 

Si fa un gran parlare di rilassamento – e di meditazione -. La diffusione di conoscenze tramite la rete, ha reso accessibili, a gran parte delle persone , informazioni per la cura di sé e della propria salute.

Ho notato interesse per tecniche apparentemente lontane dal mondo della psicologia, in particolare Mindfulness e Tecniche di Rilassamento.

Scrivo “apparentemente” perché, nella pratica psicologica vengono usate da molti anni le tecniche di rilassamento e, da qualche anno, i fondamenti di Mindfulness.

Facciamo un pò di chiarezza.

Le tecniche di rilassamento nascono in ambito medico, con l’obiettivo di ridurre tensioni e dolori e facilitare il recupero del paziente. Tra le tecniche di rilassamento, le più note sono il Rilassamento Progressivo di Jacobson e il Training Autogeno di Schultz.

La psicologia ne ha accolto l’efficacia e applica le regole del rilassamento in tutte le situazioni in cui vi è la necessità di uno strumento pratico per la gestione di emozioni intense (ansia, rabbia, paura, gelosia…). Le tecniche di rilassamento sono utili, ad esempio, per chi svolge prestazioni in pubblico (sportivi, musicisti, attori, relatori…), per chi deve affrontare una prova (un esame, un colloquio di lavoro, un intervento chirurgico….), per chi soffre di alcuni tipi di paure specifiche (ad esempio la paura del dentista), per chi si sente sotto stress.

Imparare ad utilizzare le tecniche di rilassamento consente alla persona di avere uno strumento di benessere psicologico da utilizzare in autonomia. Scegliere di imparare queste tecniche presso uno studio di psicologia permette di abbinare alla pratica di rilassamento uno spazio di ascolto e di conoscenza di sé. Il risultato di questo lavoro combianto è una cassetta degli attrezzi variegata in cui trovare strumenti e strategie diversificate da utilizzare in base alle circostanze, al proprio stato umorale e cognitivo, alle proprie emozioni del momento.

La Mindfulness è un’altra cosa. La Mindfulness e la traduzione del Buddihismo per gli occidentali, pertanto ne mantiene i significati meditativi senza mantenerne quelli spirituali e religiosi. L’utilizzo della Mindfulness in psicologia è discussa. Alcune pratiche meditative, infatti, ben si adattano al setting psicologico, aumentando la consapevolezza di sé, la capacità di stare nel presente e, talora, il rilassamento. Tuttavia, non si tratta di pratiche di rilassamento (possono essere, al contrario, stancanti!) e richiedono molto allenamento ed impegno nel quotidiano. La pratica Mindfulness meditativa è diversa dalla pratica Mindfulness utilizzata nello studio dello psicologo, non fosse altro che per i fini diversi.

Detto ciò… torniamo al titolo di questo articolo: Meditazione e Rilassamento: solo una moda?

No. Meditazione e Rilassamento, per quanto vadano di moda, non sono solo una moda.

Sono ottimi strumenti di benessere, purché si sia consapevoli del tipo di strumento che si sta usando, dei propri obiettivi e del tipo di risultato che essi possono offrire.

Sono strumenti da usare con accuratezza e prudenza: non sono adatti a tutti e, in alcuni casi, possono avere degli effetti collaterali. Per ovviare a questo aspetto, è saggio non far da sé e rivolgersi ad un professionista che sappia guidare all’apprendimento delle tecniche e, soprattutto, monitorarne l’adeguatezza alla situazione psicofisica del cliente.

Dott.ssa Francesca Fontanella

fontanella.francesca@gmail.com

 

Sembrerà una sottigliezza, un vezzo linguistico, eppure è importante.

La parola “pazienti” evoca malattia, la parola “clienti”, no.

In psicologia clinica, si utilizzano indifferentemente i due termini sia che la persona soffra di un disturbo psicopatologico, sia che chieda un sostegno per una situazione specifica e circoscritta, legata ad eventi di vita.

Nella mia pratica lavorativa, prediligo il termine “cliente” che libera la persona dall’impressione di avere qualcosa che non va.

A dirla tutta, preferisco ancora più la parola “persona”…e ancora di più la parola “storia”.

Clienti, Persone, Storie. Ogni Cliente è una Persona e ogni Persona può raccontare la sua Storia.

Da psicologo, seguo le Storie, mi interesso delle narrazioni, aiuto e supporto ognuno a creare narrazioni di sé alternative, qualora non sia soddisfatto della sua storia, e a riconoscere valore alle narrazioni di sé che ama.

Dott.ssa Francesca Fontanella – Psicologo

fontanella.francesca@gmail.com

 

Lo psicologo si impegna, nel suo lavoro, ad esplorare il mondo dell’altro senza giudizio.

Lo scopo di questo impegno è allontanare il rischio di influenzare, con le sue opinioni personali, il mondo delle altre persone.

Questo è un aspetto molto delicato e merita attenzione. Lo psicologo è tenuto, secondo il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, a rispettare opinioni e credenze altrui, “astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori”, appartenente alla sua sfera privata e alle sue esperienze di vita.

La terapia narrativa – detta anche pratica narrativa per la sua forte valenza applicativa – è un approccio al colloquio psicologico che protegge in modo estremamente etico il sistema di valori dei clienti, ponendo domande sulla base della narrazione della persona, senza interpretare la sua storia.

Le conversazioni terapeutiche affrontano il tema del disagio esplorandone i significati personali senza inquadrarlo in categorie diagnostiche (talora poco rappresentative della varietà delle storie umane).

Una conversazione terapeutica ha l’obiettivo di consentire la descrizione di situazioni e storie uniche, di far emergere i valori e le intenzioni della persona, di dare spazio ai suoi sogni e desideri e di valorizzarne il ruolo e l’impatto nella soluzione del problema.

La terapia narrativa predilige le domande alle risposte e riconosce che ogni situazione problematica ha, potenzialmente, un numero di soluzioni infinito. La soluzione attuata sarà quella più in linea al proprio sistema di valori e , pertanto, del tutto specifica e personalizzata.

Per approfondimenti:

White M. (1992). La terapia come narrazione, Roma: Astrolabio.
White M. (2007). Maps of narrative practice, New York: Norton & Co.
Ti suggerisco, anche, di leggere questo articolo (dotto) di un caro collega: Luigi Frezza. http://www.luigifrezza.it/2016/09/12/la-terapia-narrativa/
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