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Selfies e filtri qualche volta vanno a braccetto. Se sei dell’esercito del selfies con filtro ti potrebbe interessare utilizzare questa tua esperienza per una riflessione. Ogni cosa che vivi, infatti, può offrirti spunti interessanti per conoscerti e vivere sempre più in armonia con te stessa/o.

I pensieri fanno invecchiare? Ho letto in questi giorni un libro del 2017 delle ricercatrici Elizabeth Blackburn e Elissa Epel che approfondisce gli effetti dei pensieri sull’invecchiamento e la salute. Nello specifico, sembra che vengano danneggiati i telomeri – piccole porzioni di DNA – che…

Vuoi avere tutto subito? La risposta a mails e messaggi deve arrivare entro poco altrimenti ti allarmi? Ti scocci quando la connessione pc è lenta, quando al supermercato c’è da attendere o quando devi ordinare un articolo al negozio perché non c’è a magazzino? Questo è l’articolo per te!

La questione dell’identità è rilevante. Tutte le scelte che fai, le tue opinioni, i posts che scrivi sui socials, il modo in cui ti vesti comunicano qualcosa della tua identità che è – sempre – in evoluzione e dipende da…

Te lo hanno detto almeno una volta, vero? Impara l’arte… si sa mai che prima o poi ti serva! Forse non ti hanno raccontato che questo detto ha un fondamento scientifico che risale al 1930.

Tolman e il labirinto

Tolman e Honzik stavano studiando l’apprendimento utilizzando come campioni dei topi. Al tempo, si rifletteva su diversi tipi di apprendimento, tra cui quello condizionato da un rinforzo. Si studiava sperimentalmente, infatti, il fenomeno per cui un comportamento premiato tende a essere ripetuto.

I due ricercatori notarono un particolare interessante: topi che sembravano non aver appreso come uscire da un labirinto, in realtà avevano appreso l’arte e messa da parte. Ma andiamo per gradi.

Tre gruppi di topi nel labirinto

I topi che hanno avuto la cortesia – forzata – di partecipare all’esperimento furono divisi in tre gruppi: il primo gruppo quando usciva dal labirinto, riceveva un premio (rinforzo); il secondo gruppo non riceveva nulla; il terzo gruppo per i primi 10 giorni non ricevette nulla, poi ricevette il premio. Cosa accadde?

Accaddero due fatti prevedibili e uno a sorpresa!

I topi premiati da subito, come immaginerai, dopo qualche premio ricevuto, impararono ad andare diretti all’uscita dal labirinto. Prevedibile! I topi non premiati vagavano all’interno del labirinto, senza dare a intendere di avere appreso la strada diretta verso l’uscita. Per gli studi dell’epoca anche questo era prevedibile. Il terzo gruppo di topi fece una cosa molto interessante: per 10 giorni vagò a caso nel labirinto, senza avere il rinforzo, ma appena venne dato il rinforzo all’uscita, in tempi molto rapidi – più di quelli del primo gruppo di topi rinforzati – mostrarono di aver ben chiaro dove fosse l’uscita.

Il topo impara l’arte…

Era accaduto questo: i topi vaganti senza rinforzo, in qualche modo, mantenevano una mappa mentale dell’uscita dal labirinto, ma, non essendo per loro utile perché non portava a nulla, la tenevano da parte. Memorizzata, ma non attiva, per capirsi.

Tuttavia, non appena uscire dal labirinto acquisiva un significato perché veniva loro dato il premio, i topi mostrarono di saper ricostruire molto bene la mappa mentale e, quindi, uscire. Avevano appreso l’arte e poi la avevano messa da parte.

Anche l’essere umano impara l’arte…

Questo fenomeno si presenta anche nel comportamento umano. In situazioni di emergenza, ad esempio, capita che le persone mostrino di saper fare cose inattese. I bimbi, per fare un altro esempio, talora sembrano non aver appreso compiti quotidiani come vestirsi o lavarsi i denti, ma, in un momento particolare, in cui gli adulti non possono occuparsene, sorprendono facendo tutto da soli.

Ricordo che a me capitò anche all’esame di laurea, in cui feci un errore tecnico in un’esposizione che corressi con una battuta citando un colosso della psicologia. La cosa buffa della faccenda è che ora non saprei ricordare affatto quelle parole. In situazione di emergenza, potendo ricevere il rinforzo di un buon voto di laurea, venne fuori una competenza appresa e nascosta.

Apprendimento latente e vita quotidiana

Quella competenza appresa e tenuta nascosta si chiama apprendimento latente e ha un lato particolarmente interessante, a mio avviso. Succede, infatti, che le persone di fronte alle difficoltà, ai pensieri, alle emozioni che turbinano o a prove che le spettano si dicano che “non ci riescono“, che “non sanno come fare“.

La mia lettura è che quando ci diciamo queste frasi siamo come i topi nel labirinto: vaghiamo cercando l’uscita, ma non essendoci – lì fuori – il risultato premiante atteso, riprendiamo a vagare, impotenti da un certo punto di vista.

Questo significa che se una volta, una sola, uscendo dal labirinto si trovasse ciò che si cerca e si desidera, le volte successive sarebbe più facile recuperare la mappa che porta all’uscita, alla soluzione.

Impara l’arte della flessibilità psicologica

Ecco, quindi, come si innesta in questo discorso l’arte della flessibilità psicologica. In termini di rinforzo, premio, risultato, è importante coltivare la flessibilità per non cadere vittima di aspettative. Di fatto, se, uscendo dal labirinto, hai l’impressione di trovare qualcosa che per te non vale abbastanza farai come i topi non rinforzati. In pratica, vagherai qua e là alla ricerca di altro – che non sai cos’è – e ti sentirai senza via d’uscita. Diversamente se, ad esempio, ti abituerai a riconoscere altri tipi di risultato, rinforzo, premio, avrai chiaro come raggiungere le vie d’uscita.

Chiaro, ogni situazione è a sé. Anche per questo, esistono la psicologia e le tecniche psicologiche con le quali trovare le vie d’uscita nascoste o aprirle, se proprio non ci fossero.

L’autostima è un costrutto abusato e se ne parla, talora, a vanvera. Sebbene adori chiacchierare del più e del meno, ho una certa intolleranza per le approssimazioni che, nel lungo termine, causano fraintendimenti. E allora, oggi, scrivo di autostima, per chiarire un punto che trovo essenziale.

Fare un’autostima, come un bilancio

L’autostima è la stima di sé e va intesa come un bilancio. Ogni stima prende in considerazione entrate e uscite, aspetti positivi e aspetti meno positivi, i più e i meno. Quando parli della tua autostima, stai parlando di questo; di un bilancio. Non ha molto senso, quindi, la classica frase: “Non ho autostima!”.

Puoi non avere fiducia in te, sicurezza nelle tue capacità, conoscenza di chi sei, ma l’autostima, più che averla la fai. Nel senso che quando pensi a te e alle tue caratteristiche, alle tue esperienze, ai principi, le convinzioni e i valori che ti accompagnano, stai facendo una stima di te.

L’importanza di conoscersi

Non so a te, ma a me, i professori del liceo, fecero la cosiddetta capa tanta con l’espressione “Conosci te stesso“. Non suonava così, in greco antico, ma così: “gnòthi sautòn” e lo trovavo scritto così:

Mi piacevano moltissimo questi caratteri che paiono ricami delicati e adoravo vederli trascritti su fogli, diari e, da qualche compagno più temerario, sullo zaino Invicta, con l’indelebile.

Fin dai tempi antichi, si era esortati a conoscersi. Come fosse qualcosa di importante.

Perché conoscersi è importante per fare un’autostima

A seguito della premessa di un paio di paragrafi soprastanti, avrai già tratto le tue conclusioni: solo se mi conosco posso fare un’autostima.

Naturale, no? Se conosci ciò che costruisce te stesso/a come essere umano unico, puoi scegliere quale tipo di valore e attribuzione dare alle varie parti che compongono il tuo mondo personale e fare una stima di te e di come vanno le cose con te stesso/a. Per fare una buona autostima, hai bisogno di conoscerti.

Come si fa a conoscersi?

Ci sono millemila e più modi in cui puoi conoscerti e approfondire la relazione con te stesso/a, che si tratti di un percorso religioso o spirituale, una passione sportiva, la scelta professionale, esperienze di vita... Ognuno di questi modi di conoscerti che, diciamocelo, sono parte integrante del vivere, ti mettono in contatto con ciò che sei e ti permettono di aumentare la conoscenza di te.

Un modo organizzato e mirato per conoscerti è il percorso psicologico che viene scelto da chi si trova in una fase di vita in cui desidera approfondirsi, non sbagliare più, fare buon uso della vita e di sé.

E una volta che mi conosco, cosa me ne faccio?

Comunque tu abbia raggiunto la conoscenza di te, potrai mettere insieme i vari elementi e avere una visione d’insieme di tutto ciò che ti appartiene, che puoi usare, di ciò che ti piace di te e di ciò che ti piace di meno e, anche, di ciò che poi lasciare andare.

L’esito sono una nuova leggerezza e chiarezza e tanta consapevolezza. La consapevolezza di te potrà essere usata per le tue scelte, nelle relazioni, nel lavoro, nel tempo libero e potenziare il significato della tua vita.

Con il nuovo sacchetto di consapevolezze, potrai giocare a fare l’autostima – a fare una stima di te -.

Come fare una buona autostima

Puoi trovare una descrizione dettagliata del procedimento nel manualetto di 60 pagine che ricevi in regalo con l‘iscrizione alla newsletter. Al capitolo “La bilancia dell’autostima”, trovi le indicazioni per orientarti le prime volte che fai un’autostima.

Nel frattempo, per iniziare, ti suggerisco di prendere una delle caratteristiche emerse nel tuo percorso di conoscenza di te e farti queste tre domande:

  1. Questa caratteristica mi piace?
  2. Che mi piaccia oppure no, quando mi è utile?
  3. Che mi piaccia oppure no, quando non mi è affatto utile?

Dalle risposte che ti darai, uscirà qualcosa che inizierà già a sorprenderti!

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