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Lieto fine. All’università di Cambridge è stato fatto un esperimento – descritto nel Journal of Neuroscience – che descrive un fenomeno: il lieto fine altera la possibilità di considerare con accuratezza il valore di un’esperienza. Ecco come è andata…

L’aveva vista lunga Steve Jobs – o chi per lui si occupava di marketing – creando uno slogan che, anziché proporre di pensare positivo, propose il noto “Think Different” – pensa in modo diverso, alternativo -.

Think Different o Think Positive?

Il Think Different è un bel messaggio. Apre alle possibilità e ha valenza in diversi contesti: può scappare come esclamazione durante una riunione aziendale, può emergere come riflessione durante un percorso psicologico o come atto creativo nel valorizzare una ricetta quando mancano gli ingredienti principali.

Bello, il Think Different, mentre sarebbe stato meno “universale” un Think Positive (pensa positivo), perché, spero di non deluderti, il pensare positivo ha anche un lato oscuro.

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Meno male che il bicchiere è mezzo vuoto!

Così inizia la prima conversazione con una cliente, in studio. Incuriosita, chiedo di più.

Il bicchiere mezzo vuoto è positivo

Mi racconta che non ama la metafora comune per la quale vedere il bicchiere mezzo vuoto è segnale di pessimismo o di interpretazione negativa della realtà. Nel suo caso, più volte, che il bicchiere fosse mezzo vuoto, è stato un elemento positivo:

La mia fortuna stava proprio nel fatto che il bicchiere fosse mezzo vuoto!

Cosa c’è nel bicchiere?

La donna continua a raccontare la sua metafora originale dicendo:

Se non sai di cosa è pieno il bicchiere, non puoi dire se sia meglio averlo mezzo vuoto o mezzo pieno. Se è pieno di mxxxx… meno male che non sia tutto pieno, no? [Ride]

Mi faccio una risata insieme a lei che continua la sua riflessione.

 E così mi è capitato in diversi momenti di vita. Tenevo un vasetto in camera, quando avevo 8 anni. Ogni volta che ricevevo botte dai miei genitori ci mettevo dentro una nocciolina – ne avevamo tante in casa! – e quando erano molto affettuosi con me ne toglievo una. Il vasetto era la mia misura della relazione con loro, in quegli anni.

 

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Un atto è terapeutico nel momento in cui permette di raggiungere una situazione emotiva, cognitiva, fisica, migliore di quella attuale. In questo senso, ricevere e esprimere apprezzamenti è terapeutico per sé e per le proprie relazioni.

Ricevere un apprezzamento

Alcune persone (molte, nella mia esperienza!), quando ricevono complimenti, mostrano disagio. Appaiono come se provassero imbarazzo, come se non fossero d’accordo con il complimento, come se dubitassero della sua sincerità.

Vi è capitato di vivere questa esperienza?

Accettare di meritare un complimento può essere un indice di rispetto verso se stessi. Accogliere un complimento con gioia è assimilabile ad accogliere un dono con gioia.

[Per favorire relazioni positive, ti può interessare anche: Vuoi superare il 2,9:1? Il Valore che crea Valore]

Esprimere un apprezzamento

Qualche volta, sebbene si sia formulato un pensiero di apprezzamento, non lo si esprime a parole. Perché?

Alcuni ritengono che l’altro non ami ricevere apprezzamenti, altri riferiscono di non trovare le parole adatte, qualcun’altro non considera importante manifestare la sua opinione considerando l’ apprezzamento alla stregua di un giudizio, sebbene positivo.

L’apprezzamento è un giudizio (positivo)?

tribunale

Questa è una faccenda, che, secondo me, merita attenzione. Prendo in prestito le osservazioni di M.B.Rosenberg (quello del Linguaggio Giraffa).

Seguite il suo ragionamento – senza giudizio 😉 –  potrebbe rivelarsi interessante.

Rosenberg dice che l’apprezzamento è un’opinione. In quanto tale, chi lo formula, si pone nella posizione di giudice e trasmette all’altra persona il messaggio di aver valutato positivamente un suo comportamento.

Secondo Rosenberg, alcuni tipi di apprezzamento possono

alienare dalla vita.

Ossia, possono allontanare dal contatto con le esperienze di vita e rivelare poco di ciò che sta vivendo, pensando, provando la persona che li esprime.

Si possono fare complimenti e apprezzamenti, ad esempio, per manipolare, lusingare, sedurre. Questi apprezzamenti sono volti a ottenere qualcosa in cambio e non veicolano le esperienze percettive di chi li esprime.

L’apprezzamento che funziona è quello che si usa per festeggiare l’altro e per celebrare il modo in cui, ciò che ha detto o fatto, ha arricchito la propria vita.

Come esprimere un apprezzamento che funziona

Ancora seguendo Rosenberg, ecco come esprimere un apprezzamento che funziona: utile e chiaro per chi lo riceve.

  1. Contesto
  2. Emozioni e sensazioni
  3. Desideri soddisfatti

Esempi:

Quando ho letto il tuo ultimo messaggio, ho provato sollievo, speranza. Quelle parole mi hanno dato uno spunto per risolvere la situazione che sto vivendo.

Il lancio che hai fatto mi ha galvanizzata! Grande, avevo bisogno di vedere una bella azione!

Che cena squisita! Questo piatto, così saporito, mi fa sentire rilassata. Desideravo un momento di piacere, grazie!

Bravo! Il bel voto di oggi mi riempie di gioia! Volevo proprio festeggiare i tuoi sforzi!

Chi riceve questo tipo di apprezzamenti, ha chiaro cosa l’altra persona abbia notato di positivo e come questo abbia arricchito la sua esperienza di vita.

Questo è l’aspetto dell’apprezzamento che fa presa: l’aver contribuito ad arricchire l’esperienza di vita altrui.

Di questo tipo di apprezzamenti, secondo Rosenberg, l’essere umano e la società hanno sete.

Ebbene… tocca a te! Quale apprezzamento ti farebbe piacere ricevere oggi? Da chi?

Puoi scriverlo qui sotto nei commenti oppure condividere e commentare dove vuoi tu o, se preferisci più riserbo, puoi scriverlo a fontanella.francesca@gmail.com.

 

Riferimenti Bibliografici:

Rosenberg, M.B. Le parole sono finestre [oppure muri]. 2003, Esserci Edizioni.

 

 

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