Il disegno in terapia aiuta a vedere le cose da un’altra prospettiva ed è una ciliegina sulla torta del mio modo di fare psicologia.
Category: Psicologia e arte
Che succede quando prende la Tristezza?
Parlarne con altri serve, senz’altro, ma dopo un po’… le persone, nel tentativo di incoraggiare, rivolgono incitamenti del tipo: “Dai, che passa!”.
Questi incitamenti sono apprezzabili anche se molte volte non si rivelano utili e non producono alcun cambiamento positivo.
Perché?
In primo luogo, la Tristezza non è uguale per tutti. La durata, l’intensità, le ragioni scatenanti (più o meno note) e la sua utilità intrinseca sono altamente variabili.
Utilità intrinseca?
Per utilità intrinseca intendo lo scopo protettivo che la Tristezza (costituita da sensazioni, pensieri, emozioni) ha per la persona.
Scopo protettivo?
Per scopo protettivo intendo la funzione che essa ha – e ce l’ha -.
In secondo luogo, perché l’incoraggiamento potrebbe non essere ciò che cerca l’organismo in quel momento specifico.
Facciamo un esempio che riguarda i meccanismi fisiologici. Se una persona ha fame, desidera cibo; nel caso in cui qualcuno le proponesse di dormire, la persona potrebbe provare fastidio perché il suo desiderio non è rispettato.
Lo stesso può dirsi se l’organismo sta provando Tristezza: ha bisogno che l’emozione che prova sia rispettata e accolta. In questo modo, la Tristezza, piano piano, si trasformerà in nuove possibilità.
Se non è rispettata, la Tristezza insiste. La ragione è piuttosto semplice: poichè ogni emozione veicola un messaggio (per saperne di più, potete leggere l’ABC delle Emozioni, ecco la Prima Puntata), se questo messaggio non è ascoltato, si ripete. La conseguenza è che la Tristezza si protrae.
La Tristezza veicola un messaggio di pausa per recuperare le energie e cercare conforto: questo messaggio merita di essere ascoltato!
La Tristezza rallenta i sistemi cognitivi e fisiologici per ritrovare energia e, quindi, poter andare avanti nella propria vita.
Per celebrare la Tristezza ed onorare il messaggio utile che porta, potete usare la musica.
Una ricerca molto recente condotta dal professore Van Den Tol, A. J. M e dalla sua equipe, descrive un fenomeno interessante che collega musica e Tristezza. La ricerca indica che la struttura del brano musicale (il tipo di accordi e il ritmo, ad esempio) e i gusti personali si intrecciano per permettere alle persone di considerare ‘tristi’ alcuni brani e non altri.
Le caratteristiche del brano possono etichettarlo come triste o felice, ma non bisogna escludere l’esperienza emozionale percepita – strettamente collegata al rapporto che l’ascoltatore ha con un determinato brano musicale (Van Den Tol, et al., 2016, 69).
L’ascolto delle canzoni ‘tristi’, secondo i risultati della ricerca, è d’aiuto nell’ accettare ed affrontare una difficoltà.
La musica ‘triste’, infatti, permetterebbe alle persone di avere una ri-esperienza del proprio vissuto e di creare uno spazio di riflessione e produzione di nuove possibilità.
Come dire che, ascoltando musica ‘triste’, la persona può rigenerarsi, sentire rispettata la sua situazione emotiva e concedersi il tempo per elaborare quanto accaduto e riprendere in mano la sua vita.
Dott.ssa Francesca Fontanella
Riferimenti Bibliografici:
VAN DEN TOL, A. J. M. et al. (2016). Sad music as a means for acceptance-based coping. Musicae Scientiae, 1, 68-83.
Il titolo è una citazione di Federico Fellini… la trovo una sintesi mirabile della ricchezza della psiche umana, anche se non so bene a cosa lui si riferisse quando la pronunciò. Ho scelto di usarla come incipit all’argomento di oggi che – come anticipato ieri – è Arte-Terapia e Counseling Espressivo.
A cosa pensate se dico Arte-Terapia? A colori? Immagini? Suoni? Movimenti? Qualcuno ha pensato ad odori e sapori? A sensazioni tattili?
È proprio così! Ognuna di queste cose può essere materiale utile per un momento arte-terapeutico.
Quando si parla di Arte-Terapia, infatti, più che fare riferimento ad un insieme di tecniche, si descrive un modus operandi che coinvolge la sensorialità e le abilità di fare.
Quando si utilizzano tecniche arte-terapeutiche l’obiettivo è creare uno spazio di espressione. Per farlo, ognuno può utilizzare la modalità che preferisce: si possono usare materiali diversi, colori, il corpo; si può disegnare, muoversi, danzare, recitare, cantare, ascoltare musica (durante l’ascolto si creano immagini, pensieri ed emozioni), narrare storie, scrivere…
Leggendo questa descrizione semplificata, vi potrebbe sovvenire il pensiero che chiunque si dedichi a queste attività stia facendo Arte-Terapia.
La mia risposta è sì e no.
Sì, perché l’atto stesso di creare può essere terapeutico.
No, perché lo svolgimento spontaneo di queste attività non necessariamente prevede l’emergere di consapevolezze, l’elaborazione di informazioni per la conoscenza e la gestione di sé, l’esplorazione di risorse e intenzioni per costruire soluzioni e riprendere in mano la propria vita.
Arte-Terapia e Counseling Espressivo consentono di dare a voce a parti inesplorate di sé e di prendersene cura (therapeuo, in grec0) attraverso la capacità di sistemare, aggiustare, adattare (dalla radice indoeuropea, are) e di fare (dal latino, ars) e favorendo la connessione tra mente e corpo.
Le cicatrici che rimarginano. I colori che corrispondono. (V.Kandinskij)
Arte-Terapia e Counseling Espressivo creano una narrazione di vita alternativa, producendo rappresentazioni sensoriali della realtà.
Ciò che suoniamo è vita. (L.Armstrong)
Parlando spiccio, l’Arte-Terapia e il Counseling Espressivo sono strumenti di:
- Stimolazione e valorizzazione della Creatività
- Facilitazione della Comunicazione
- Accoglienza e manipolazione (nel senso di ‘toccare con mano’, ‘tastare’, ‘modellare’) di contenuti che creano disagio
- Liberazione, espressione ed esternalizzazione di pensieri, emozioni e sensazioni percepiti come negativi
- Produzione di Cambiamento attraverso le connessioni tra passato e futuro, tra eventi e effetti, tra realtà e fantasia…
- Stimolazione dell’Immaginazione e conseguente facilitazione della creazione di soluzioni.
Nel mio lavoro, qualora possibile, faccio andare a braccetto Arte-Terapia e Counseling Espressivo con la Pratica Narrativa e l’Approccio Centrato sulla Soluzione.
Cos’hanno in comune?
La volontà di promuovere le risorse e le competenze della persona e favorirne il benessere psicofisico a partire dal punto esatto in cui si trova ora, lo sguardo rivolto a ciò che la persona ha già (e può utilizzare) e un rispettoso cambio di prospettiva.
Non vi è, in essi, la pretesa di conoscere il mondo dell’altro e di avere il potere di insegnare a priori il ben-essere perché la modalità di creazione di ben-essere è unica per ciascuno. Anzi, a dirla tutta, ci sono tanti modi per prendersi cura di sé quante sono le situazioni di disagio che la persona potrebbe provare.
La nuova psicologia punta a questo: a favorire l’emergere di soluzioni e narrazioni uniche anziché rischiare l’azzardo (perdonate il rafforzamento) di insegnarle.
Non puoi insegnare qualche cosa a un uomo. Puoi solo aiutarlo a scoprirla in sé. (G. Galilei)
Dott.ssa Francesca Fontanella
Errore: Modulo di contatto non trovato.
Qualcuno una volta mi disse che una foto è un pezzo di carta permeato da “emozione”: intendeva dire “emulsione”, ma la storpiatura mi colpì. (J.Weiser)
Che meraviglia le sostituzioni di parole!
“Le fotografie sono permeate di emozioni.”
Il lapsus mi trova d’accordo: in una fotografia ci sono le emozioni che appartengono al momento in cui la foto è stata scattata, quelle provate dalle persone ritratte e da chi la ha scattata e quelle che si provano riguardandola.
Lo sapevate che le fotografie possono essere utilizzate in un contesto psicologico?
Ebbene, ora lo sapete! 🙂
Quali foto si possono usare?
- Autoritratti (Selfies)
- Fotografie del Cliente scattate da altre persone
- Fotografie di gruppo e/o di famiglia
- Fotografie scattate dal Cliente
- Fotografie collezionate dal Cliente
- Fotografie collezionate dal professionista per questo tipo di lavoro
In che modo le fotografie possono essere utili?
In modi diversi. Eccone alcuni.
- Osservazione e analisi del non verbale
Questo tipo di osservazione aiuta il Cliente a riconoscere modalità di postura, di gestualità, di espressione facciale e il loro ruolo più o meno facilitante nelle relazioni personali e professionali. L’osservazione e l’analisi del non verbale può essere usata anche nei training all’assertività.
- Narrazione di sé sostenuta e guidata dalla fotografia
Il Cliente può aiutarsi nella descrizione delle sue caratteristiche personali e del suo sistema di valori appoggiandosi a ciò che vede nell’immagine, commentandola e portando spunti di riflessione su cui co-costruire, con lo psicologo, storie alternative e soluzioni.
- Scoperta delle prospettive altrui/prospettive diverse
Chi ha scattato la foto e ogni persona ritratta ha avuto un punto di vista – fisico, cognitivo ed emotivo – diverso dagli altri. La narrazione dell’evento fotografato e fermato nello scatto non è la stessa.
- Riconoscimento di Status e Ruoli nel Club della Vita (M.White)
Il Cliente, osservando la fotografia, può notare dinamiche relazionali che riconosce come parte della sua storia, vederne le potenzialità e trasformarle in valori, desideri e intenzioni future.
- Aiutare nella creazione di legami continui in caso di lutto (se sei interessato a questo tema, leggi qui)
Ognuno di questi possibili utilizzi consente al Cliente di avvicinarsi al proprio mondo emotivo, scoprirne i messaggi manifesti e quelli nascosti e creare una nuova versione di vita.
L’utilizzo di fotografie facilita l’Esternalizzazione di problemi, difficoltà relazionali, difficoltà di gestione emotiva e permette di dare forma a pensieri, emozioni e storie che potrebbero restare celate dall’indagine verbale.
Qualche volta, la foto-terapia e l’arte-terapia, si incontrano…ma questa è un’altra storia.
Dott.ssa Francesca Fontanella
Un’attività divertente si trasforma in una possibilità per conoscere meglio se stessi, esplorare le proprie competenze, abilità, sogni, desideri, aspettative future…
…per poi allineare le proprie azioni alle scoperte fatte!
Che dire, non è possibile, in questo breve articolo, essere esaustiva rispetto alle potenzialità di questa attività, ma potrete cominciare ad incuriosirvi.
Trovate, online, diversi siti e blog -per lo più in inglese- in cui viene descritto un progetto artistico nel quale viene realizzato un albero attraverso il disegno, la pittura o il collage e attraverso lo stile artistico di Vasilij Kandinsky, pittore russo (1866-1944). (Per dare un’occhiata ai Kandinsky Trees, clicca qui.)
Si tratta di un’attività creativa ed artistica in cui il risultato è un albero variopinto, astratto e costituito da forme diverse.
Questa attività produce rilassamento, piacere e permette di creare qualcosa di unico e fantastico, sulla base delle proprie preferenze cromatiche e di forma.
La struttura dell’albero è amata anche in psicologia. Esiste un test, noto come Test dell’Albero (Koch, 1949), utilizzato da alcuni orientamenti psicologici, ma qui vorrei accennare a un…
Nuovo strumento!
Si chiama L’Albero della Vita (The Tree of Life Approach, Denborough & Ncube, 2006, 2007).
L’ Albero della Vita NON è un test ma uno strumento divertente e creativo per vedere in veste grafica la propria storia, scorgerne sviluppi e potenzialità e dare il via a nuove versioni di vita.
Si utilizza la figura dell’albero come struttura grafica per dare vita alla propria vita: per restituire valore e importanza a ciò che si è, si è stati e si sarà; per (ri)costruire un senso di identità personale, recuperare fiducia e un’autostima positiva.
« L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro. » (Vasilij Kandinsky)
Vuoi provare l’Albero della Vita?
Scrivimi all’indirizzo fontanella.francesca@gmail.com
Riferimenti Bibliografici:
Denborough D., 2006. Retelling the Stories of our Lives.W.W. Norton & Company
In un post precedente, ho proposto una prima riflessione sulle analogie tra Psicologia e Arte, attraverso una storia narrata da Erodoto.
A dirla tutta, le riflessioni che affiancano Psicologia e Arte sono inziate prima, in un post in cui racconto quella che, per me, è la relazione tra Psicologia e Musica Jazz.
Oggi è il turno di Psicologia e Danza, in particolare della Danza delle Conversazioni Terapeutiche.
Cosa sono le Conversazioni Terapeutiche?
Le Conversazioni Terapeutiche sono, nella Pratica Narrativa, i colloqui che intercorrono tra lo psicologo e il Cliente.
Si tratta di colloqui basati sulle domande e sul potere evocativo delle domande. Non ci sono domande giuste o sbagliate, così come non ci sono risposte giuste o sbagliate.
Le Conversazioni Terapeutiche prendono ritmi diversi, come la Danza; richiedono sincronia, come la Danza; richiedono “movimenti” accurati e definiti, come la Danza.
La faccenda importante, tuttavia, è che queste Conversazioni permettono la narrazione delle proprie storie di vita.
Come nella Danza, in cui un ballerino o una ballerina possono interpretare passaggi diversi, durante le Conversazioni Terapeutiche la persona può raccontare passaggi diversi della sua vita e della sua storia.
Quando una persona si rivolge allo psicologo, infatti, si presenta con una storia che sembra avere un’unica trama, che si è costruita ponendo l’attenzione solo su alcuni eventi considerati più rappresentativi o importanti (e trascurandone altri). Quell’unica trama viene narrata e ri-narrata più volte, allo stesso modo, non permettendo ad altre informazioni di metterla in discussione.
Per restare in metafora, è un po’ come se un ballerino scegliesse di danzare solo un pezzo, sempre lo stesso, perché pensa di poter/saper ballare solo quello.
Attraverso le Conversazioni Terapeutiche, la persona offre nuovi ritmi alle proprie narrazioni, danza passi diversi e osserva la sua ricchezza e poliedricità; scopre di poter raccontare la propria storia anche in modi alternativi -anzi, scopre che può raccontare molte storie diverse, che si affiancano l’un l’altra – e riconosce di poter/saper narrare nuove storie di sé.
Questa, mi sembra, è una bella novità!
Per mettere alla prova la possibilità di raccontarsi in modi diversi, vi propongo un gioco: scarica Il gioco delle Storie.
Dott.ssa Francesca Fontanella
Riferimenti Bibliografici:
Milner J., O’Byrne P. (2004), Il Counseling Narrativo. Interventi Brevi Centrati sulle Soluzioni. Trento: Erickson.
White M. (1992), La Terapia Come Narrazione. Roma: Astrolabio.
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