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Come vivere con l’endometriosi – Puntata 1

È quasi per caso che incontro Chiara, sul web. Campionessa Italiana di Danza Sportiva. Discipline paralimpiche.

Premessa

Chiara danza in compagnia di una carrozzina e pare un’amazzone con quel fare energico, selvaggio e capace al contempo di movimenti delicati e sinuosi. Mi affascina il suo modo di fare danza e curioso nella sua storia per conoscere da dove arrivi tutta la magia.

Scopro che Chiara ha ripreso a danzare dopo avervi dovuto rinunciare per gli effetti distruttivi di una malattia subdola: l’endometriosi.

Chiara danzava, un tempo, senza sedia a rotelle: l’endometriosi le ha portato via la possibilitàdi danzare sulle sue gambe.

Eppure Chiara, a un certo punto del suo percorso di vita con l’endometriosi, decide che la danza è così importante per lei da non volersi arrendere. E ricomincia. In compagnia di una carrozzina. Come un’amazzone.

Un grande regalo

Chiara è di una generosità infinita e ci regala un racconto dettagliato e accurato della sua storia, di sé e dell’endometriosi.

Il suo grande regalo è da scartare lentamente e, per questo, sarà narrato a puntate. Ogni mercoledì, per 5 settimane, troverai un pezzo di una storia che fa onore a Chiara e al suo amore per la vita.

Questa intervista uscirà in due siti diversi, a settimane alterne. Oggi io propongo la prima puntata e, la prossima settimana, leggerai la seconda puntata nel sito della collega dott.ssa Simona Muzzetta, con la quale seguo un progetto al femminile che si chiama LoveMySex.

Cominciamo? 🙂

Intervista a Chiara Pedroni

Ciao Chiara, si parte! Grazie per la disponibilità a raccontarti. Scelgo di partire diretta, con una domanda molto concreta: come sei arrivata alla diagnosi di endometriosi?

É un paradosso. La mia risposta è “Subito”, se penso al momento in cui me ne parlò il ginecologo al quale mi rivolsi nel novembre 2015. Andai per la prima volta da questo dottore in seguito a un episodio (fra i tanti  sottovalutati dai medici e in parte anche da me). Quell’episodio, a differenza di altri, mi preoccupò particolarmente. La mia risposta alla tua domanda è, anche, “Tardissimo”, se penso che soffrivo “da sempre” e che ne ho manifestato i primi significativi sintomi a 12/13 anni con l’arrivo del menarca.

Quella sera, a cena…

Hai accennato a un episodio che ti preoccupò e segnò la svolta. Cosa accadde?

Ero fuori a cena e cominciò la solita nausea che veniva dopo un po’ che stavo seduta. Mangiai poco (ricordo bene la piada di pizza ben cotta condita con solo un po’ d’olio e  sale) e ben presto iniziarono anche le solite fitte alla zona ovarica, specialmente a destra, prima distanziate nel tempo poi sempre più ravvicinate.  I dolori si intensificarono con fitte al sacro, dolore alla zona lombale, dietro le gambe fino alle ginocchia.

Sbiancai e lasciai il tavolo per il bagno, sudando e cominciando a sentirmi a disagio per il malessere. Quei pochi metri dal tavolo al bagno dove sfoggiai tutto il mio autocontrollo per tentare di mimetizzarlo, mi diedero il colpo di grazia. Stetti malissimo. Per non sentir dolore, come già sapevo, mi era necessario coricarmi a pancia in su e divaricare un po’ le gambe: questa era la solita unica soluzione a questo strazio. Ricordo che mi inarcavo facendo leva sulla tavola del wc, cercando con la respirazione di aiutarmi e ricordo i dolori: erano davvero molto forti.

Dolori fortissimi

Fui costretta a lasciare il locale e, durante il tragitto fino all’auto, i brividi percorrevano tutto il mio corpo, i dolori aumentavano e diminuivano, come un’onda. Infine, accadde che, appena arrivata al cancello di casa, delle fitte lancinanti ricominciarono all’ovaio destro, all’ano, alla vagina, al sacro. Puoi immaginare che i pochi metri dal cancello alla mia porta di casa furono interminabili.

Il dolore si irradiava alle natiche e fin lungo la parte posteriore delle gambe, giù, fino alle caviglie. Camminando pianissimo, piegata in due, rasentando il muro dal quale ricercavo sostegno, arrivai lì, a un metro e mezzo da casa. Tra dolori atroci, le gambe cedettero. Non riuscivo più a camminare. Gattonando, scavalcai a fatica quei venti centimetri, raggiunsi il divano e mi ci coricai. Avevo le lacrime agli occhi e tanta preoccupazione.

La scoperta dell’endometriosi

Caspita, Chiara, il tuo racconto è talmente vivido che mi sembra di esserci stata… So che poi andasti dal medico e, quando gli raccontasti l’episodio, cosa ti suggerì?

Raccontai l’ episodio e gli dissi che in forma più o meno grave ne capitavano di simili ogni giorno. Quindi aggiunsi che da mesi avevo ridotto le attività della mia vita organizzandomi in base ai tempi dell’endometriosi: la prevenzione degli episodi acuti, la loro durata e la mia ripresa dopo ogni episodio. A causa dell’endometriosi, da tempo avevo un’ autonomia ridotta. Ogni giorno “dolori da ciclo” elevati all’ennesima potenza, ogni giorno prima o poi mi capitava di “partorire”. C’era un’unica soluzione: stare completamente allettata. Cosa impossibile perché all’epoca vivevo con Yuri il mio cagnolino, lavoravo, facevo sport, teatro e un sacco di altre cose.

Il medico mi disse: “Forse hai l’endometriosi, é una malattia subdola”.

Nel frattempo, tastò manualmente un nodulo nel setto retto vaginale che l’ecografia non aveva rilevato.  Endometriosi, quella fu la prima volta che sentii chiamare per nome la bestia contro cui mi battevo da 18 anni. Mi prescrisse un antidolorifico e tre mesi di cura ormonale. Non mi fecero nulla e, mano a mano, la malattia progredì.

Subito dopo la diagnosi

Da quel momento iniziò il mio peregrinare per tutto il nord Italia! Da lì a oggi, ci sono di mezzo: 4 interventi in tre ospedali diversi, un neurostimolatore impiantato sul nervo pudendo per la perdita degli stimoli minzionali, una terapia del dolore, una cura ormonale per fermare il ciclo mestruale, un farmaco per ovviare a una trigemia manifestatasi dopo qualche mese. Controlli, esami, farmaci (decine di cure tentate – tra cui l’ induzione in menopausa di tre mesi – e tutte le conseguenze che ne derivano: peso, denti, capelli, stomaco, insonnia, accertamenti, ecc…) e, a oggi, un’ invalidità all’80%.

Nel frattempo la mia vita andava a rotoli: la fine di una relazione, un divorzio, un trasloco, l’ingente somma economica spesa in visite diagnostiche, la perdita del mio cagnolino Yuri, del lavoro, della mia autonomia, di me. Per fortuna, la medaglia ha sempre due facce.

… Quali facce?

Lo scoprirai nella seconda parte di questa intervista!

Ricorda che potrai leggere la seconda puntata nel sito della collega Dott.ssa Simona Muzzetta.

Se pensi di rischiare di perderti un pezzo, segui la mia pagina Facebook: i prossimi quattro mercoledì, troverai il link a tutte le prossime puntate!

Come si dice? Stay Tuned! 🙂

P.S. Puoi conoscere Chiara a Danza in Fiera!

Puoi seguire Chiara, questa settimana, alla manifestazione Danza in Fiera. Sarà ospite venerdì 22 febbraio e partecipante al concorso di danza sabato 23 febbraio: se ti trovi in zona Firenze… vai a goderti lo spettacolo!


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