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Sei tra coloro che si pongono limiti che non servono?

Probabilmente non lo sai, perché quando ci si pone dei limiti, si ritiene che questi limiti siano del tutto oggettivi e insuperabili, anche quando sono legati a convinzioni che ci si porta dietro, in eredità, dai propri familiari.

Talora, sono esperienze infantili ad aver prodotto la convinzione della presenza di un limite, come racconta la storia de L’elefante e il paletto.

Il risultato è quello di…

Quando ti poni limiti che non servono, il risultato è che ti trovi bloccato/a in situazioni che si ripetono, in trappole cognitive, emotive e comportamentali che, più o meno, esprimi dicendoti:

Non ci posso fare niente! Sono fatto/a così!

Questo tipo di convinzione è il vero ostacolo perché ti condiziona a credere di non poter fare nulla per cambiare la situazione.

La resa, preludio di tanti malanni

Ci sto andando a gamba tesa con questo sottotitolo, lo so. Eppure, confermo, l’atteggiamento di resa alla convinzione ostacolante  è, nella mia esperienza clinica, un predittore, un fattore di rischio, una via maestra per trovarsi in situazioni di disagio psicologico.

Alcuni manifestano ansia e attacchi di panico, altri tristezza e sintomi depressivi, altri angoscia… comunque vada, la resa porta a soffrire.

Rassegnazione e accettazione

La resa di cui parlo è rassegnazione. La rassegnazione è una scelta cognitiva che porta a rinunciare a se stessi e al proprio diritto di stare e vivere al meglio possibile.

La rassegnazione si differenzia dall’accettazione, la quale si pone come un’attitudine mentale che accoglie ciò che accade e investe per farne qualcosa di positivo, utile o, in qualche modo, significativo per la propria vita.

[Ti può interessare anche il tascabile delle emozioni per trasformare le tue esperienze in qualcosa di speciale!]

Puoi salvarti da te

Conosci la storia della principessa e del drago? Quella della principessa che si salva da sola?

Eccola…

Stanca di aspettare che arrivasse un principe a salvarla, la principessa raccolse tutto il suo coraggio, impugnò la spada e andò dritta verso il drago per ucciderlo o per chiedergli di lasciarla subito libera. “Non ho più paura di te!” gli gridò, anche se dentro di sé tremava. Il drago la guardò negli occhi e atterrito le disse: “Non c’è davvero nessun bisogno di essere violenti. Io non ti ho mai detto di rimanere, anzi mi sono sempre chiesto perché restassi così a lungo”. “Ah, ok. Bene allora”, rispose la principessa, un po’ in imbarazzo. E non appena si allontanò dalla tana del drago, realizzò che… ciò che l’aveva davvero imprigionata erano le sua false paure e l’attesa che qualcuno si facesse avanti per salvarla, mentre lei stessa avrebbe potuto salvarsi da sola in qualsiasi momento. (Barbara Pozzo, La vita che sei. 24 meditazioni sulla gioia)

… forse anche la convinzione ostacolante che ti pare dire che non puoi fare nulla per liberartene, come il drago, si chiede perché, semplicemente, non la scansi e vai per la tua strada.

 

 

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