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Le domande per le risposte che cerchi

Hai notato che faccio un mucchio di domande? – Ops, eccone una, pardon! –

C’è una ragione pratica: al cervello piacciono le domande.

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Apprendimento circolare, ripetizione e ippocampo

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Immagine Treccani

Quando il cervello riceve in modo ripetuto un’informazione, questa “lascia una traccia” in un’area che si chiama ippocampo che ha un ruolo nel processo di memoria e apprendimento. La traccia in memoria è detta anche apprendimento e, nello specifico, apprendimento circolare nel caso in cui si sia formata attraverso ripetizioni dello stesso contenuto – a differenza di un apprendimento che deriva da un’esperienza singola, spesso impattante a livello emotivo -. Così impariamo da piccoli a parlare, camminare, riconoscere il mondo che ci circonda.

Di che colore è la macchina parcheggiata a fianco della tua?

05FCAE60-2AEE-4BE1-8756-1FCD17DE123CRobert Maurer, nella sua sintesi e rivisitazione del metodo Kaizen – il metodo Kaizen, di origine giapponese, suggerisce di raggiungere i risultati con piccoli passi, ndr – propone un simpatico esempio.

Se domani chiedessi a un collega o a un familiare:

Di che colore è la macchina parcheggiata a fianco della tua?

probabilmente non saprebbe rispondere.

Se, tuttavia, tu cominciassi a fare ogni giorno questa domanda, il collega o il familiare sarebbero portati a volgere l’attenzione al colore delle auto parcheggiate a fianco della loro. Ripetere in continuazione una domanda induce il cervello a spostare l’attenzione sul contenuto della domanda e sulla risposta.

Le domande sono più produttive degli imperativi 

L’attenzione del tuo interlocutore sarebbe meno catturata se tu dicessi qualcosa del tipo:

Dimmi di che colore è la macchina parcheggiata a fianco della tua!

La ragione è che un imperativo è meno stuzzicante, meno creativo e coinvolgente e, diciamocela, muove pure un moto di ribellione.

Accade che un imperativo come: ”Mangia più frutta e verdura!” catturi meno l’attenzione e attivi un minore processo di apprendimento della domanda: “Per valorizzare il mangiare sano, cosa mangerei oggi?”

Così anche nella crescita: l’imperativo ha meno efficacia nel lungo termine della domanda che stimola la ricerca di risposte.

Domande semplici

Per far funzionare questo trucchetto, parti da domande semplici nella forma:

Da cosa noterei che la relazione con mio figlio sta migliorando?

Quale piccola azione mi permetterebbe di perdere peso?

In che modo questa relazione mi fa stare bene?

Perché il lavoro è importante per me?

Come rispondo al buongiorno di mio marito/mia moglie?

Quale espressione nel volto mi vedono indossare i miei colleghi?

Come possiamo mettere via bene questo giocattolo?

Cosa possiamo fare per ritagliare il tempo per finire i compiti?

Domande delicate

Per domande delicate intendo domande che non presumano tu debba fare passi da gigante ossia che non siano così impegnative da spaventare e essere rifiutate.

Un esempio di domanda impegnativa, che rischia di essere rifiutata.

Come faccio a cambiare la mia alimentazione entro fine anno?

Puoi renderla più delicata chiedendoti:

Cosa renderebbe diversa la mia alimentazione oggi?

Passi piccoli, come suggerisce il metodo Kaizen.

La terapia psicologica attraverso le domande

Nel mio modello terapeutico le domande sono importanti: attraverso le domande si stimolano riflessioni e si scoprono risposte e soluzioni e si facilita l’apprendimento circolare.

Una volta che avrai imparato a farti domande utili, potrai ripeterle sino a che esse ti porteranno ad agire e vivere il cambiamento desiderato.

Una volta che avrai imparato come si creano domande utili, avrai in mano uno strumento flessibile e applicabile a ogni nuova esperienza.

Insomma, più volte ti chiederai di che colore è la macchina parcheggiata a fianco della tua, più stabile e duraturo sarà il tuo apprendimento di benessere! 😉

Vuoi imparare a farti le domande per avere le risposte che stai cercando?

Scrivi a fontanella.francesca@gmail.com

 

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