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Alleggerire i pensieri stirando (i punti di domanda)

Questo articolo vuole giocare un po’, anche se non troppo! Vi capita di avere pensieri “pesanti”, “confusi”, “ricorrenti”? Oggi proviamo ad alleggerirli stirandoli.

Domande e risposte

Diversi anni fa lessi un libro di favole che si intitola “Fiabe di Cioccolato“. L’autrice è Laura Perassi, per i lettori Lauretta. Tra i racconti ve n’è uno che narra la storia di un punto di domanda che parte per un lungo viaggio, desideroso di trovare risposte alle sue domande. Dopo una lunga serie di avventure e un’ancor più lunga serie di domande aggiuntive raccolte durante il viaggio, il punto di domanda incontra chi trova una soluzione: viene poggiato su un asse da stiro, stirato e trasformato in un diritto punto esclamativo!

Una buona soluzione?

Questa soluzione è buona a metà: qualche volta, farsi troppe domande, può bloccare le capacità decisionali. In questo senso, meno domande è meglio.

Tuttavia, porsi delle domande è, altre volte, essenziale per trovare soluzioni a faccende quotidiane, fatti di vita, questioni relazionali; per scegliere e decidere; per cambiare qualcosa che si desidera cambiare di se stessi e della propria vita.

In questo articolo diamo spazio alle occasioni in cui può essere utile stirare i punti di domanda.

Quando può essere utile stirare punti di domanda

Come alleggerire i pensieri stirando i punti di domanda

Un’occasione in cui trovo utile stirare punti di domanda è quando ci si ritrova ricorsivamente a pensare alla stessa cosa, rischiando di rimanerne intrappolati. Di solito questo produce sofferenza. Ci sono modi diversi, riferiti a diversi approcci psicologici, che possono aiutare a lasciar andare i pensieri ricorsivi. Eccone uno.

Si può accogliere il pensiero come uno dei tanti fatti che stanno accadendo in quel preciso istante e immaginarlo come una nuvola che, per sua natura, si sposta e/o si dissolve.

Il passaggio da ? a ! sarebbe il seguente:

Perché penso a questa cosa?

Oh, penso a questa cosa! [e la lascio andare]

[Ti può interessare anche: C’era una volta un re…Liberarsi dai pensieri negativi]

Dalla ricerca di spiegazione all’accettazione

In questo caso, modificare la prima frase con il punto esclamativo sposta l’attenzione dall’ansia di trovare una spiegazione allo stupore di poter accogliere il pensiero per quello che è.

Prima, l’attenzione è sul “perché”: se la risposta al “perché” non arriva subito, l’organismo manda un segnale di allarme. La ragione è che tutto ciò che è incerto – ambiguo – in natura può essere un potenziale pericolo. Il segnale d’allarme stimola a cercare la risposta, continuamente, non lasciando riposo alla persona e privandola della possibilità di occuparsi di altro.

Dopo, l’attenzione è sull’arrivo del pensiero che, com’è arrivato, può anche andare. E magari ritornare.

A cosa serve questo esercizio?

  1. A uscire dal circuito vizioso del “perché” che può suscitare ansia, angoscia, senso d’urgenza, senso di impotenza…;
  2. A concedersi di osservare il pensiero per ciò che è: un evento tra altri;
  3. A notare il va e vieni del pensiero.

Quando il pensiero ritorna: l’altra faccia del “perché”

Più la questione è per te importante, più il pensiero ritorna, bussa, batte, interferisce. Quindi puoi pensare che, se torna, hai bisogno di conoscerne i significati e gli scopi.

Hai bisogno, più che di un “perché-causa”, di un “perché-scopo” ossia: a cosa mi serve questo pensiero? Cosa vuole dirmi? Cosa vuole ottenere? Quale conseguenza positiva ne deriva?

Mentre l’esercizio descritto sopra puoi farlo in autonomia questa parte, che coinvolge l’altro “perché”, può richiedere un aiuto, un sostegno. Qualche volta ne serve uno breve, qualche volta uno meno breve. Chiedilo e goditelo senza confronti: ogni storia è unica!

Vuoi scoprire il “perché-scopo” di un tuo pensiero?

Scrivimi a fontanella.francesca@gmail.com

 

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