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Avete mai sentito parlare di ‘digital detox’ e di ‘nomofobia’?

Digital detox: disintossicazione dal digitale.

Nomofobia: no-mobile-fobia, ossia la paura (pervasiva) di non essere connessi.

Molte persone si trovano a controllare spesso il telefono per guardare se siano arrivate notifiche di e-mail, dai social, da whatsapp…il telefono resta acceso tutto il giorno, molte ore sono trascorse a condividere contenuti, curiosare, rispondere, attendere le risposte di altri…

Questo articolo non ha l’obiettivo di descrivere il fenomeno (peraltro noto) e nemmeno di spiegare quanto possa essere nocivo per la gestione del tempo e della propria salute.

Vorrei, invece, descrivere il mio punto di vista rispetto alla ‘disintossicazione‘.

Disintossicazione” implica che vi sia stata un’intossicazione. Intossicazione da cosa? Dal cellulare, direte voi! Eh no, non sono d’accordo. Il cellulare è un mezzo.mobile-phone-1393370_960_720

Il cellulare è un mezzo

Intendo, con questo, dire esattamente che il cellulare è un mezzo: è un mezzo attraverso il quale la persona sta cercando di ottenere qualcosa di positivo per sé.

Possiamo, quindi, provare a tornare indietro:

  1. Una persona cerca di ottenere un effetto positivo e utilizza il suo smartphone per ottenerlo.
  2. L’effetto arriva, la persona impara che lo smartphone è efficace e continua ad usarlo.
  3. Può accadere che l’effetto positivo si faccia sentire con meno intensità e che, per questo, la persona utilizzi il suo cellulare con più insistenza, per recuperare l’effetto benefico -di qui la somiglianza con le dipendenze-.

L’effetto positivo può essere di diversa natura: cercare compagnia (non restare soli), cercare accettazione, bisogno di controllo, necessità di essere aggiornati, desiderio di avere un’attività da svolgere – non stare con le mani in mano -, desiderio di affermarsi…

L’intossicazione mi sembra riferirsi al tentativo di avere sempre l’effetto positivo che si sta cercando, di trovarsi in uno stato d’equilibrio in cui l’effetto positivo c’è sempre e in egual misura.

Quello che sfugge è che non è possibile sentirsi sempre desiderati, affermati o accettati, essere sempre aggiornati e avere qualcosa da fare per il semplice fatto che… la luce si nota se si conosce il buio!

È grazie ai momenti di noia che si nota quando si è in attività, è nei momenti di solitudine che si può capire il senso della relazione.

Impedirsi di percepire gli opposti rende  sempre meno evidenti gli effetti positivi cercati e sempre più frenetica la loro ricerca. Cosa che, in un circolo vizioso, impedisce di conoscerli e permette di fuggirli.

Il risultato dell’iperconnettività è che temiamo il silenzio, la solitudine, uno spazio vuoto e tendiamo a riempire questi momenti immergendoci nel nostro smartphone” (M. Harris)

Paradossalmente, meno si conoscono gli opposti, meno si può godere degli effetti benefici cercati. E ci si affanna a ricercarli…

Di fatto, ci si intossica della propria ricerca di effetti positivi.

La disintossicazione, in questi termini, segue passo passo, all’indietro, l’origine di questa ricerca.

Cosa cercavo di ottenere?

Dott.ssa Francesca Fontanella

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